Barbara Castelli – Città del Vaticano
Il dono della vita deve essere promosso, custodito e tutelato “dal concepimento fino al tramonto naturale” e “la carità rappresenta la forma più eloquente di testimonianza evangelica perché, rispondendo alle necessità concrete, rivela agli uomini l’amore di Dio”. E’ il saluto che Papa Francesco rivolge ai membri dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, ricevuti in aula Paolo VI.
Le parole del discorso del Pontefice risuonano come un abbraccio riconoscente e gentile verso i malati, affetti da “distrofie e altre patologie neuromuscolari”, e i tanti soci e volontari dell’Uildm, dislocati “nell’intero territorio nazionale”, veri “raggi di speranza, che alleviano i momenti di solitudine e di sconforto e incoraggiano ad affrontare la malattia con fiducia e serenità”. Essere al fianco di quanti soffrono vuol dire, infatti, non solo garantire “un’assistenza amichevole” “per affrontare la vita quotidiana, come il trasporto, la fisioterapia, l’assistenza domiciliare”, ma associare alla “riabilitazione fisica” una “riabilitazione spirituale”, fatta “di gesti di prossimità, per lottare non soltanto contro il dolore fisico, ma anche contro la sofferenza morale dell’abbandono o dell’isolamento”.
I problemi inespressi del malato
“Gratuità della prestazione”, insieme con “la professionalità e la continuità”: sono i tratti peculiari del servizio offerto dall’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, i cui membri, “testimoni di solidarietà e di carità evangelica”, ricorda Papa Francesco, si distinguono anche per la “discrezione, fedeltà, attenzione, prontezza ed efficacia nell’intervento”, intuendo “anche i problemi inespressi del malato”:
“La vostra preziosa opera, infatti, è un fattore peculiare di umanizzazione: grazie alle svariate forme di servizio che la vostra associazione promuove e concretizza, rende la società più attenta alla dignità dell’uomo e alle sue molteplici aspettative”.
Gesù ci ha insegnato a camminare nella carità
Solo se si ama e ci “si dona agli altri”, “la persona realizza pienamente sé stessa”. “Condividendo sino alla morte la nostra vicenda terrena”, rimarca Papa Francesco, “Gesù ci ha insegnato a camminare nella carità”, “la forma più eloquente di testimonianza evangelica”. Un’eredità che ha ispirato “tanti uomini e donne cristiani, nel corso dei secoli”, tanti santi sacerdoti, come “Giuseppe Cottolengo, Luigi Guanella e Luigi Orione”.
Una palestra di vita, di solidarietà e di accoglienza
L’amore è la “fonte della vera felicità”, insiste il Pontefice, richiamando l’attenzione sul “valore del dono divino della vita, da promuovere, custodire e tutelare dal concepimento fino al tramonto naturale”:
“Voi siete chiamati ad essere una ‘palestra’ di vita, soprattutto per i giovani, contribuendo a educarli a una cultura di solidarietà e di accoglienza, aperta ai bisogni delle persone più fragili. E questo avviene attraverso la grande lezione della sofferenza: una lezione che viene dalle persone malate e sofferenti e che nessun’altra cattedra può impartire”.
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