Debora Donnini-Città del Vaticano
Saper discernere fra le curiosità buone e quelle cattive e aprire il cuore allo Spirito Santo che dà certezza. Sono queste le due esortazioni che Papa Francesco rivolge stamani nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, a partire dal Vangelo odierno (Gv 14, 21-26). Nel Vangelo, infatti, c’è un dialogo fra Gesù e i discepoli, che il Papa definisce come il “dialogo fra le curiosità e la certezza”.
Nell’omelia il Papa spiega dunque la differenza fra le curiosità buone e quelle cattive, perché la “nostra vita è piena di curiosità”. Come esempio di curiosità buone, fa riferimento ai bambini quando sono nella cosiddetta ”età del perché”. Domandano, perché, crescendo, si accorgono di cose che non capiscono, cercano una spiegazione. Questa è una curiosità buona, perché serve per svilupparsi e “avere più autonomia” ed è anche una “curiosità contemplativa”, perché “i bambini vedono, contemplano, non capiscono e domandano”.
“Il chiacchiericcio” è invece una curiosità non buona, “patrimonio di donne e uomini”, anche se qualcuno sostiene che gli uomini siano “più chiacchieroni delle donne”. La curiosità cattiva consiste nel voler “annusare la vita altrui”- spiega il Papa – nel “cercare di andare ai posti che alla fine sporcano le altre persone”, nel fare capire cose che non si ha il diritto di sapere. Questo tipo di curiosità cattiva “ci accompagna tutta la vita: è una tentazione che avremo sempre”: è il suo monito.
Non spaventarsi, ma fare attenzione: “questo non domando, questo non guardo, questo non voglio”. E tante curiosità, per esempio, nel mondo virtuale, con i telefonini e le cose… I bambini vanno lì e sono curiosi di vedere; e tante cose brutte trovano lì. Non c’è una disciplina in quella curiosità. Dobbiamo aiutare i ragazzi a vivere in questo mondo, perché la voglia di sapere non sia voglia di essere curiosi, e finiscano prigionieri di questa curiosità.
Le curiosità degli Apostoli nel Vangelo, invece, sono buone: vogliono sapere cosa succederà, e Gesù risponde dando certezze, “mai inganna”, promettendo loro lo Spirito Santo che – afferma – “v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.
La certezza ce la darà lo Spirito Santo nella vita. Non viene lo Spirito Santo con un pacco di certezze, e prendi. No. La misura che noi andiamo nella vita e domandiamo allo Spirito Santo, apriamo il cuore, e lui ci dà la certezza per quel momento, la risposta per quel momento. Lo Spirito Santo è il compagno, compagno di via del cristiano.
Lo Spirito Santo, infatti, “ricorda le parole del Signore illuminandole” e questo dialogo a tavola con gli Apostoli, che è “un dialogo fra curiosità umane e certezza”, finisce proprio con questo riferimento allo Spirito Santo, “compagno della memoria”, che “conduce dove c’è la felicità fissa, quella che non si muove”. Francesco esorta, quindi, ad andare dove c’è la vera gioia con lo Spirito Santo, che aiuta a non sbagliare:
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Chiediamo al Signore due cose oggi: prima, di purificarci nell’accettare le curiosità – ci sono curiosità buone e non tanto buone – e saper discernere: no questo non devo vederlo, questo non devo vederlo, questo non devo domandarlo…. E seconda grazia: aprire il cuore allo Spirito Santo, perché lui è la certezza, ci dà la certezza, come compagno di cammino, delle cose che Gesù ci ha insegnato, e ci ricorda tutto.
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