Ricorre domenica prossima il terzo anniversario dall’elezione alla Cattedra di Pietro di Jorge Mario Bergoglio. Anche questo terzo anno di Pontificato, iniziato con l’annuncio dell’indizione del Giubileo della Misericordia il 13 marzo scorso, è stato intensissimo e ricco di momenti di grande significato per la vita della Chiesa e non solo. Alessandro Gisotti per RadioVaticana ha chiesto al direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, di tracciare un bilancio con uno sguardo anche alle sfide che Francesco sta affrontando in questo momento:
R. – Io ho l’impressione che cresca l’autorevolezza del Papa come maestro dell’umanità, della Chiesa e dell’umanità, in una prospettiva globale. Perché nel corso di quest’anno, il Papa ha toccato praticamente tutti i continenti, a parte l’Oceania. E’ presente su un orizzonte globale e tratta con autorevolezza le questioni dell’umanità e della Chiesa di oggi. Parla dei temi della pace e della guerra, che toccano veramente tutti; parla dei grandi temi delle società attuali nel contesto della globalizzazione, la “cultura dello scarto”, la giustizia e la partecipazione. Nell’Enciclica “Laudato si’”, in particolare, è riuscito a dare una visione complessiva delle domande urgenti e cruciali dell’umanità di oggi e dell’umanità di domani. Ecco, questo mi sembra l’aspetto che io noto e cioè che l’umanità guarda a Papa Francesco come ad una persona che l’aiuta a trovare l’orientamento, a trovare dei messaggi di riferimento in una situazione che – per molti aspetti – è di grande incertezza. Quindi un leader credibile, un maestro credibile, che – facendo il suo servizio, che è di carattere specificamente religioso e morale – dà però un aiuto efficace; viene ascoltato dai potenti di questa terra. E i potenti e i poveri sono ugualmente importanti e necessari per guardare al cammino dell’umanità verso il domani.
D. – La misericordia, ovviamente, è il cuore di questo terzo anno di Pontificato o forse dovremmo dire di tutto il ministero petrino di Francesco. Quali sono i tratti più forti che, secondo lei, il Papa sta imprimendo a questo Giubileo?
R. – Effettivamente io credo che questo tema dell’annuncio dell’amore di Dio, sotto questa parola specifica della misericordia, che questo annuncio della presenza e della vicinanza dell’amore di Dio sia la caratteristica del messaggio e del servizio che Papa Francesco dà all’umanità. E questo dall’inizio stesso del suo Pontificato. E ha trovato questa forma – diciamo – nuova e originale di un Giubileo che però è un Giubileo sparso per il mondo. Non è un Giubileo centralistico: Roma c’è come cuore naturale del cammino della Chiesa, ma la misericordia di Dio la si può incontrare passando attraverso porte che si trovano in tutti i luoghi del mondo. Il richiamo delle opere di misericordia materiali e spirituali dà anche una grande concretezza a quell’attenzione per i poveri, per le periferie, per le persone scartate e oggetto di emarginazione, cui il Papa ha sempre dedicato la sua attenzione perché sono al centro dell’attenzione di Cristo e del Vangelo. Quindi direi che con questo Giubileo siamo proprio nel cuore spirituale di questo Pontificato, che è un Pontificato di una spiritualità tutt’altro che disincarnata, perché si traduce immediatamente anche nelle opere della carità.
D.- Guardando ai momenti di questo terzo anno di Pontificato, molti sono rimasti colpiti dall’Angelus dell’8 novembre scorso, quando Francesco ha affermato che il cosiddetto “Vatileaks 2” non lo distoglie dal suo lavoro di riforma, che va avanti con fiducia. Perché per il Papa è così importante questo punto, la riforma?
R. – La riforma è un compito permanente nella Chiesa – “Ecclesia semper reformanda” – e questo perché nessuno può pensare di essere perfettamente fedele stabilmente al Vangelo del Signore e alle sue esigenze così profonde e impegnative. Il Papa, in particolare, giungendo dalla fine del mondo, cioè da una prospettiva nuova, ha anche una capacità particolare per vedere e cogliere le attese di rinnovamento della Chiesa e delle sue strutture di governo in funzione della missione universale e andare incontro alle esigenze della Chiesa nelle diverse parti del mondo. Questo è un compito che il Papa sa che gli è stato anche affidato dai cardinali, quando lo hanno eletto Papa: nel corso delle Congregazioni, prima del Conclave, lo hanno detto e il Papa lo sa. Ma lo fa con una prospettiva spirituale molto caratteristica e molto importante per capire bene quello che fa: in un clima cioè di continua ricerca di obbedienza allo Spirito Santo che lo conduce nell’affrontare, volta per volta, i problemi di cui si tratta in spirito di obbedienza al Vangelo, con fiducia, con speranza e con grande libertà. I Sinodi sono caratteristici di questo atteggiamento e l’aver affrontato un tema centrale come quello della famiglia nei Sinodi significa proprio questo desiderio di andare con fiducia e con coraggio al cuore di grandi interrogativi pastorali sui punti qualificanti della vita cristiana, incarnata nella quotidianità, lasciandosi interrogare dai problemi posti dal tempo di oggi, ma sempre con la guida del Vangelo.
D. – Anche quest’anno, nonostante la grande popolarità, non sono mancate critiche al Papa, e al dire il vero anche da ambienti cattolici. Come lo spiega?
R. – Lo spiego abbastanza semplicemente con il fatto che il camminare in terreni nuovi, cercare di rispondere a questioni che vengono poste con grande urgenza da un mondo che sta cambiando è qualcosa che naturalmente provoca preoccupazione, provoca timore, provoca incertezza; si cammina in un campo che, per molti aspetti, è oscuro. Per cui il muoversi con coraggio, appoggiandosi fondamentalmente alla fede e alla speranza, alla convinzione che lo Spirito Santo accompagna la Chiesa nel mettere in pratica la volontà di Dio nel tempo nuovo, non è così semplice. In questo Papa Francesco certamente è un maestro che ci guida, con coraggio e con realismo. Egli stesso dice molte volte che nel mettere in cammino la Chiesa non è che egli sappia con totale chiarezza qual è il punto di arrivo o qual è il disegno complessivo che va raggiunto. No, egli sa che ci si mette in cammino, ma spesso senza sapere esattamente per dove. Questa è la condizione anche di Abramo, la condizione del cammino nella fede da sempre.
D. – Trai tanti momenti e immagini che ha di questo terzo anno di Pontificato, ce ne è uno che ricorda con particolare emozione?
R. – Ce ne sono talmente tanti… E’ un Pontificato così infinitamente ricco di gesti concreti e quindi anche di immagini particolari che identificarne uno… io no, non sono capace. Però c’è una categoria – se vogliamo – di esperienze, e quindi anche di gesti e di immagini, che mi tocca e che ritengo molto caratterizzante ed è quella dell’attenzione ai malati, è quella dell’abbracciare i sofferenti. Il fatto che il Papa sappia manifestare in un modo così concreto, così libero, anche con gesti fisici, la sua vicinanza è un segno che lascia trasparire la vicinanza di Dio. Sono dei gesti che parlano veramente a tutta l’umanità e ci toccano profondamente. Gliene siamo estremamente grati.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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