VATICAN NEWS
“Non impariamo! Che il Signore abbia pietà di noi, di tutti noi, tutti siamo colpevoli!”. Papa Francesco con i giornalisti sul volo di ritorno da Malta, dopo aver ricordato ciò che lo ha colpito dell’accoglienza dell’isola, torna a parlare della guerra.
Andrea Rossitto (TVM)
Grazie per la Sua presenza a Malta. La mia domanda è sulla sorpresa di questa mattina in cappella dove è sepolto San Giorgio Preca: cosa l’ha motivata a fare questa sorpresa ai maltesi e cosa si ricorderà di questa visita a Malta. E poi la sua salute come va? L’abbiamo vista in questo viaggio molto intenso. È andata bene diciamo. Grazie mille
La mia salute è un po’ capricciosa, ho questo problema al ginocchio che tira fuori problemi di deambulazione, di camminare, è un po’ fastidioso, ma sta migliorando, almeno posso andare. Due settimane fa non potevo fare nulla. E’ una cosa lenta vediamo se torna indietro, ma c’è il dubbio che a questa età non si sa come finirà la partita, speriamo che vada bene. E poi su Malta: sono stato contento della visita ho visto le realtà di Malta, ho vito un entusiasmo della gente impressionante, sia a Gozo, sia a Malta La Valletta e negli altri luoghi. Un entusiasmo grande per le strade sono rimasto stupito, è stata un po’ breve – il problema che ho visto per voi – e anche uno dei problemi è la migrazione. Il problema dei migranti è grave perché sia Grecia, Cipro, Malta, Italia, Spagna, sono i Paesi più vicini all’Africa e al Medio Oriente e atterrano qui, arrivano qui, i migranti vanno accolti sempre! Il problema è che ogni governo deve dire quanti ne possono ricevere normalmente per vivere lì. Per questo ci vuole un’intesa con i Paesi dell’Europa e non tutti sono disposti a ricevere i migranti. Dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dai migranti, no? Ma così sono le cose, ma almeno non lasciare tutto il peso a questi Paesi limitrofi che sono così generosi, e Malta è uno di loro. Oggi sono stato nel centro di accoglienza dei migranti e le cose che ho sentito lì sono terribili, la sofferenza di questi per arrivare qui e poi i lager, ci sono dei lager, che sono nella costa libica, quando sono mandati indietro. Questo sembra criminale no? Per questo credo che è un problema che tocca il cuore di tutti. Così come l’Europa che sta facendo con tanta generosità il posto agli ucraini che bussano alla porta, così anche agli altri che vengono dal Mediterraneo. Questo è un punto che, ho finito la visita con questo e mi ha toccato tanto, perché ho sentito le testimonianze, le sofferenze e che sono più o meno come quelle che credo vi ho detto che sono in quel libro piccolino che è uscito “Hermanito”, in spagnolo “fratellino”, e tutta la Via Crucis di questa gente, uno che ha parlato oggi ha dovuto pagare quattro volte, io vi chiedo di pensarci sopra su questo. Grazie
Jorge Antelo Barcia (RNA)
Nel volo che ci ha portato a Malta, lei ha detto a un collega che un viaggio a Kiev è sul tavolo e già a Malta ha fatto le referenze alla sua vicinanza al popolo ucraino, e venerdì a Roma il presidente della Polonia lasciava la porta aperta ad un suo viaggio alla frontiera polacca. Oggi ci hanno colpito le immagini proveniente da Bucha, un paese vicino a Kiev, abbandonato dall’esercito russo dove gli ucraini hanno trovato decine di cadaveri buttati per strada, alcuni con le mani legate, come se fossero stati “giustiziati”. Sembra che oggi la sua presenza in quella zona sia sempre più necessaria. Pensa che un viaggio come questo sia fattibile? E quali sarebbero le condizioni che dovrebbero darsi affinché lei possa andare là?
Grazie per avermi detto questa notizia di oggi che non conoscevo ancora. Sempre la guerra è una crudeltà, una cosa inumana, che va contro lo spirito umano, non dico cristiano, umano. È lo spirito di Caino, lo spirito “cainista”… Io sono disposto a fare tutto quello che si debba fare e la Santa Sede, soprattutto la parte diplomatica, il cardinale Parolin e monsignor Gallagher, stanno facendo di tutto, ma di tutto, non si può pubblicare tutto quello che fanno, per prudenza, per riservatezza, ma siamo al limite del lavoro. Fra le possibilità c’è il viaggio; ci sono due viaggi possibili: uno me lo ha chiesto il presidente della Polonia di inviare il cardinale Krajewski a visitare gli ucraini che sono stati ricevuti in Polonia; lui è andato già due volte, ha portato due ambulanze ed è rimasto lì con loro ma lo farà un’altra volta, è disposto a farlo; l’altro viaggio che qualcuno mi ha domandato, più di uno, io lo dissi con sincerità che avevo in mente di andarci, che la mia disponibilità sempre c’è, non c’è il no, sono disponibile. Che cosa si pensa su un viaggio, la domanda è stata così: “Abbiamo sentito che lei pensava ad un viaggio in Ucraina”, io ho detto che è sul tavolo, è lì come una delle proposte arrivate ma non so se si potrà fare, se è conveniente farla e se farla sarebbe per il meglio o se conviene farla e devo farla, è nell’aria tutto questo.
Poi da tempo si era pensato ad un incontro con il patriarca Kirill, si sta lavorando a questo, si sta lavorando e si sta pensando al Medio Oriente per farlo, queste sono le cose come stanno adesso.
Lei diverse volte durante questo viaggio ha parlato della guerra. La domanda che tutti fanno è se dall’inizio della guerra ha parlato col presidente Putin e se no cosa gli direbbe oggi?
Gerry O’Connel (America Magazine)
Le cose che ho detto alle autorità di ogni parte sono pubbliche. Nessuna delle cose che ho detto è riservata per me. Quando ho parlato con il Patriarca lui poi ha fatto una bella dichiarazione di quello che ci siamo detti. Il presidente della Russia l’ho sentito alla fine dell’anno quando mi ha chiamato per farmi gli auguri. Il presidente dell’Ucraina l’ho sentito due volte. Poi il primo giorno di guerra ho pensato che dovevo andare all’ambasciata russa per parlare con l’ambasciatore che è il rappresentante del popolo e fare le domande e dire le mie impressioni sul caso. Questi sono i contatti ufficiali che ho avuto. Con la Russia l’ho fatto tramite l’ambasciata. Anche ho sentito l’arcivescovo maggiore di Kiev monsignor Schevchuck. Poi ho sentito ogni due o tre giorni con regolarità uno di voi, Elisabetta Piqué, che stava a Leopoli e ora sta a Odessa. Lei mi dice come stanno le cose. Ho parlato anche con il rettore del seminario. Ma come ho detto sono in contatto anche con uno di voi. Parlando di questo vorrei darvi condoglianze per i vostri colleghi che sono caduti. Siano della parte che siano, non interessa. Ma il vostro lavoro è per il bene comune e questi sono caduti in servizio per il bene comune. Per l’informazione. Non dimentichiamoli. Sono stati coraggiosi e io prego per loro perché il Signore dia il premio al loro lavoro. Questi sono stati i contatti avuti fino ad ora.
Ma quale sarebbe il messaggio per Putin se avesse la possibilità (di parlargli)?
I messaggi che ho dato a tutte le autorità sono quelli che ho fatto pubblicamente. Non faccio doppio linguaggio. Faccio sempre lo stesso. Credo che nella sua domanda c’è anche un dubbio su guerre giuste e ingiuste. Ogni guerra nasce da una ingiustizia, sempre. Perché c’è lo schema di guerra. Non c’è lo schema di pace. Per esempio fare investimenti per comprare le armi. Dicono: ma ne abbiamo bisogno per difenderci. Questo è lo schema di guerra. Quando è finita la Seconda Guerra Mondiale tutti hanno respirato il “mai la guerra” e la pace. È cominciata una ondata di lavoro per la pace anche con la buona volontà di non dare le armi, le armi atomiche in quel momento, per la pace, dopo Hiroshima e Nagasaki. Era una grande buona volontà.
Settanta anni dopo abbiamo dimenticato tutto questo. È così lo schema della guerra si impone. C’erano tante speranze nel lavoro delle Nazioni Unite allora. Ma lo schema della guerra si è imposto un’altra volta. Noi non possiamo pensare un altro schema, Non siamo più abituati a pensare allo schema della pace. Ci sono stati dei grandi come Ghandi e altri che io menziono alla fine dell’enciclica Fratelli tutti che hanno scommesso sullo schema della pace. Ma noi siamo testardi come umanità. Siamo innamorati delle guerre, dello spirito di Caino. Non per caso, all’inizio della Bibbia c’è questo problema: lo spirito “cainista” di uccidere invece dello spirito di pace. Padre non si può! Vi dico una cosa personale: quando sono stato nel 2014 a Redipuglia e ho visto i nomi dei ragazzi, ho pianto. Davvero ho pianto per amarezza. Poi, uno o due anni dopo, per il giorno dei defunti sono andato a celebrare ad Anzio e ho visto i nomi ragazzi caduti lì. Tutti giovani, e anche lì ho pianto. Davvero. Bisogna piangere sulle tombe. C’è una cosa che io rispetto perché c’è un problema politico. Quando c’è stata la commemorazione dello sbarco in Normandia i capi di governo si sono riuniti per commemorarlo. Ma non ricordo che qualcuno ha parlato dei 30 mila ragazzi giovani rimasti sulle spiagge. La gioventù non importa. Questo fa pensare a me. Sono addolorato. Non impariamo. Che il Signore abbia pietà di noi, di tutti noi. Tutti siamo colpevoli!
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