Nella Basilica romana dell’Aracoeli il Papa vive il primo momento del 34.mo Incontro di preghiera per la Pace, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nello “spirito di Assisi”. Uniti in preghiera con il Pontefice il Patriarca ortodosso ecumenico Bartolomeo I e il vescovo Heinrich presidente del Consiglio della Chiesa Evangelica in Germania
Adriana Masotti – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“È un dono pregare insieme”: è la gioiosa costatazione con cui Papa Francesco dà inizio alla sua omelia durante la preghiera dei cristiani nella Basilica di S. Maria in Aracoeli, nell’ambito dell’Incontro interreligioso per la Pace in Campidoglio, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio a partire dalla storica giornata indetta da Giovanni Paolo II nel 1986. “Nessuno si salva da solo. Pace e Fraternità”, il titolo scelto per l’edizione di quest’anno. Il momento di preghiera comune tra i cristiani avviene in contemporanea alla preghiera degli altri leader religiosi, in luoghi distinti: gli ebrei nella Sinagoga, i musulmani nei locali dei Musei capitolini così come i buddisti e i rappresentanti delle religioni dell’Oriente, i quali tutti più tardi si ritroveranno nella Piazza del Campidoglio per levare l’Appello comune alla pace.
Il Papa con sul viso una mascherina bianca entra dal fondo della Basilica, la percorre tutta e subito dà inizio alla liturgia, seguito dal Patriarca ecumenico Bartolomeo che recita una preghiera. In processione viene portato all’ambone il libro della Sacra Scrittura. La prima Lettura è tratta dal profeta Isaia, il vescovo Heinrich, presidente del Consiglio della Chiesa Evangelica in Germania, tiene quindi una meditazione: fratellanza, giustizia, unità i tre aspetti sottolineati come dovere dei cristiani. Poi viene letta la pagina del Vangelo secondo l’evangelista Marco.
Nella sua omelia Papa Francesco commenta il brano della Passione del Signore, appena ascoltato, che racconta della tentazione che “si abbatte” su di Lui quando poco prima di morire si sente incalzare da molti con le parole riferite dall’evangelista Marco: “Salva te stesso!”. Ad andare in scena è lo scontro tra la logica di Dio e la logica dell’uomo. E il Papa dice:
È una tentazione cruciale, che insidia tutti, anche noi cristiani: è la tentazione di pensare solo a salvaguardare sé stessi o il proprio gruppo, di avere in testa soltanto i propri problemi e i propri interessi, mentre tutto il resto non conta. È un istinto molto umano, ma cattivo, ed è l’ultima sfida al Dio crocifisso.
In tanti provocano Gesù con quell’invito: “salva te stesso”, afferma il Papa, per primi lo fanno i passanti presi da un solo interesse: assistere a un miracolo, vedere Gesù scendere dalla croce. Non hanno compassione per Lui.
Forse anche noi a volte preferiremmo un dio spettacolare anziché compassionevole, un dio potente agli occhi del mondo, che s’impone con la forza e sbaraglia chi ci vuole male. Ma questo non è Dio, è il nostro io. Quante volte vogliamo un dio a nostra misura, anziché diventare noi a misura di Dio; un dio come noi, anziché diventare noi come Lui! Ma così all’adorazione di Dio preferiamo il culto dell’io. È un culto che cresce e si alimenta con l’indifferenza verso l’altro.
Poi alzano la loro voce i capi dei sacerdoti e gli scribi, quelli che avevano condannato Gesù, e lo accusano di aver salvato altri, ma di non poter salvare se stesso. Il Papa osserva che essi lo conoscevano bene, avevano visti i miracoli che aveva compiuto e concludono con cattiveria “che salvare, soccorrere gli altri non porta alcun bene” per se stessi. E Francesco prosegue:
L’accusa è beffarda e si riveste di termini religiosi, usando due volte il verbo salvare. Ma il “vangelo” del salva te stesso non è il Vangelo della salvezza. È il vangelo apocrifo più falso, che mette le croci addosso agli altri. Il Vangelo vero, invece, si carica delle croci degli altri.
Per ultimi, anche i due malfattori crocifissi con Gesù cominciano a sfidarlo. Ma perché, si domanda il Papa, se la prendono con Lui? La risposta è: “Perché non li toglie dalla croce”. Gli dicono, infatti, “salva te stesso e noi!”. Quello che vogliono è che Gesù risolva i loro problemi.
Ma Dio non viene tanto a liberarci dai problemi, che sempre si ripresentano, ma per salvarci dal vero problema, che è la mancanza di amore. È questa la causa profonda dei nostri mali personali, sociali, internazionali, ambientali. Pensare solo a sé è il padre di tutti i mali.
Uno dei due però riesce a vedere l’amore in Gesù, prosegue Francesco, tutto cambia per lui “spostando l’attenzione da sé a Gesù, da sé a chi gli stava a fianco”.
Il Papa indica il Calvario come il luogo dove “è avvenuto il grande duello tra Dio venuto a salvarci e l’uomo che vuole salvare sé stesso”, il luogo dove la misericordia di Dio “è scesa sul mondo”. E citando un’espressione di Papa Benedetto XVI, afferma:
Dalla croce è sgorgato il perdono, è rinata la fraternità: “la Croce ci rende fratelli”. Le braccia di Gesù, aperte sulla croce, segnano la svolta, perché Dio non punta il dito contro qualcuno, ma abbraccia ciascuno. Perché solo l’amore spegne l’odio, solo l’amore vince fino in fondo l’ingiustizia. Solo l’amore fa posto all’altro. Solo l’amore è la via per la piena comunione tra di noi.
“Chiediamo al Dio crocifisso la grazia di essere più uniti, più fraterni”, prosegue Francesco, che mette in guardia dal ragionare come fa il mondo, ricordando le parole di Gesù: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Quello del Papa è un invito ad imparare dal Signore “che ci ha salvati svuotando sé stesso, facendosi altro: da re è diventato servo.
Più saremo attaccati al Signore Gesù, più saremo aperti e “universali”, perché ci sentiremo responsabili per gli altri. E l’altro sarà la via per salvare sé stessi: ogni altro, ogni essere umano, qualunque sia la sua storia e il suo credo. A cominciare dai poveri, i più simili a Gesù.
Il Papa conclude l’omelia con l’invocazione al Signore perché “ci aiuti a camminare insieme sulla via della fraternità, per essere testimoni credibili del Dio vivo”.
Il Patriarca ecumenico Bartolomeo I introduce la preghiera per tutti coloro che soffrono a causa di conflitti e violenze e per tutto il mondo colpito dalla pandemia, per ciascuna intenzione viene posta una candela accesa in un braciere. L’elenco dei Paesi e delle aree del pianeta è lungo: per primo l’Afghanistan, poi si prega per la fine della violenza diffusa in America Centrale, per la fine delle tensioni e per il dialogo in Bielorussia, per la riconciliazione in Burundi, per la fine del terrorismo e della persecuzione dei cristiani in Burkina Faso, per gli accordi di pace in Colombia. E poi ancora per la pace per la regione del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, per la fine delle tensioni nella penisola coreana, in Iraq, tra India e Pakistan, per la stabilità e la convivenza pacifica nel Libano, per la pace in Libia, per la fine del conflitto in Mali, per il Messico e la fine della violenza causata dal narcotraffico, per la fine degli attacchi delle violenze nel nord del Mozambico, in Nigeria, nella Repubblica Centrafricana, per la pace in Siria, nel Caucaso, in Somalia, per gli accordi di pace in Sud Sudan, per la pace e la riconciliazione in Ucraina, in Venezuela, nello Yemen, in Terra Santa, per la liberazione di tutti coloro che sono stati rapiti in Medioriente e in ogni parte del mondo.
Vengono ricordati i rifugiati, preziosi agli occhi di Dio. E si prega anche per i governanti – perchè guidino il mondo su vie di pace e di dialogo – per la liberazione della pandemia e perchè “riusciamo ad edificare un mondo più giusto per tutti e soprattutto per i poveri”. Infine si è pregato per i credenti di tutte le confessioni e per tutti gli uomini e donne di buona volontà perchè collaborino per la pace. La recita del Padre nostro, lo scambio della pace e la benedizione di Papa Francesco chiude un momento di intensa unità tra i cristiani.
Al termine della preghiera comune, il programma dell’Incontro prosegue, i leader religiosi si spostano in piazza del Campidoglio per l’inizio della cerimonia che prevede diversi interventi, conclusi da Papa Francesco. A seguire un minuto di silenzio in memoria delle vittime della pandemia e di tutte le guerre e infine l’accensione del candelabro della pace.
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