La Chiesa di Cristo è al servizio, non ha paura e ha porte spalancate. Così in sintesi Papa Francesco, a conclusione dei lavori della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sulla famiglia. Il Pontefice ha parlato di momenti di tensione e di tentazioni durante i lavori sinodali, ma ha sottolineato la grazia e la bellezza del confronto. Ha ribadito che il compito del Successore di Pietro è quello di garantire l’unità della Chiesa, e quello dei vescovi di “nutrire il gregge” e accogliere chi smarrito. Il servizio di Massimiliano Menichetti per la Radio Vaticana:
Il Papa parla del confronto tra i Padri sinodali come di una “cammino insieme”, evidenzia “entusiasmo”, “ardore” e “grazia” nell’ascolto delle testimonianze delle famiglie, ma indica anche momenti di “desolazione”, “tensione”, evidenzia “tentazioni” come quella che chiama “dell’irrigidimento ostile”:
… cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – “tradizionalisti” e anche degli intellettualisti.
Poi introduce la tentazione di quello che definisce “buonismo distruttivo”, “tentazione – dice – dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”, …
… che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici.
Il Papa ha poi citato la “tentazione di trasformare la pietra in pane” “per rompere un digiuno lungo”, ma anche “di trasformare il pane in pietra” e scagliarla contro i peccatori, trasformarlo in “fardelli insopportabili”. Quindi la tentazione di scendere dalla Croce …
… per accontentare la gente, e non rimanerci per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.
Infine la tentazione di “trascurare il “depositum fidei” considerandosi, rimarca, “non custodi ma proprietari e padroni” o, dall’altra parte, “la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa” “per dire tante cose e non dire niente!”.
“Tanti commentatori – ha aggiunto Papa Francesco – hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio”. “Il Sinodo” – ha detto con forza – mai ha messo in discussione “le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita”. “La Chiesa – ha aggiunto – non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini”, una Chiesa “che non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone”.
Questa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e composta da peccatori, bisognosi della Sua misericordia. Questa è la Chiesa, la vera sposa di Cristo, che cerca di essere fedele al suo Sposo e alla sua dottrina. E’ la Chiesa che non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani (cf. Lc 15). La Chiesa che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti!
“Una Chiesa – ha proseguito – che non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo”:
… anzi, si sente coinvolta e quasi obbligata a rialzarlo e a incoraggiarlo a riprendere il cammino e lo accompagna verso l’incontro definitivo, con il suo Sposo, nella Gerusalemme Celeste.
Francesco guarda ai lavori sinodali; ricorda che si svolgono “cum Petro et sub Petro”, evidenzia i compiti del Papa: quello di garantire l’unità della Chiesa e quello di curare i pastori …
… quello di ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge – nutrire il gregge – che il Signore ha loro affidato e di cercare di accogliere – con paternità e misericordia e senza false paure – le pecorelle smarrite. Ho sbagliato, qui. Ho detto accogliere: andare a trovarle.
Francesco cita Benedetto XVI sottolineando che “attraverso i Pastori della Chiesa, Cristo pasce il suo gregge”, “lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente”. Ricorda che tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodire la Chiesa di Cristo “e di servirla, non come padroni ma come servitori”:
Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore – il “servus servorum Dei”; il garante dell’ubbidienza, della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo – per volontà di Cristo stesso – il “Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli” (Can. 749) e pur godendo “della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa” (cf. Cann. 331-334)
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana