Un appello affinché le relazioni internazionali non siano dominate “dalla forza militare e dalle intimidazioni reciproche” è stato lanciato da Papa Francesco incontrando i partecipanti alla conferenza “Prospects for a World Free from Nuclear Weapons and for Integral disarmament”.
La conferenza, organizzata sin da luglio, è un ideale seguito all’impegno della Santa Sede per il bando delle armi nucleari e per il disarmo integrale. E il tema del pericolo nucleare era già ben presente già in Pio XII, che seguì attraverso Max Planck, membro della Pontificia Accademia delle Scienze, gli sviluppi che portarono all’uso dell’arma atomica.
Con la conferenza, la Santa Sede cerca così di costruire una opinione pubblica favorevole al disarmo nucleare, dopo che lo scorso luglio ha appoggiato – comportandosi per la prima volta alla stregua di uno Stato membro in un negoziato – il trattato per il bando delle armi nucleari alle Nazioni Unite.
Questo il contesto in cui Papa Francesco pronuncia il suo discorso. Il Papa sottolinea che “le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici”, facendo indiretto riferimento alla teoria della “mutua distruzione assicurata”, che fu deterrente alla guerra nucleare nei tempi della Guerra Fredda
.Per il Papa “le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà”.
Papa Francesco ricorda che “è un dato di fatto che la corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni”
E questo porta “al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani”.
Ma “qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari” ha conseguenze “umanitarie e ambientali”, anche se una detonazione “avviene per errore”, ed è il motivo per cui va condannata “non solo la minaccia del loro uso”, ma anche “il loro possesso”, perché “la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano”.
Papa Francesco sottolinea anche “l’illogicità sul piano militare” degli armamenti che “hanno come effetto la distruzione dell’essere umano”, anche perché “la vera scienza è sempre a servizio dell’uomo”.
Una posizione che la Santa Sede ha mostrato entrando come membro fondatore dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica
, e in generale si distingue tra “tecnologia nucleare” per fini scientifici e la tecnologia nucleare usata per fini bellici.Ricorda il Papa che “le tecnologie nucleari si diffondono ormai anche attraverso le comunicazioni telematiche e che gli strumenti di diritto internazionale non hanno impedito che nuovi Stati si aggiungessero alla cerchia dei possessori di armi atomiche. Si tratta di scenari angoscianti se si pensa alle sfide della geopolitica contemporanea come il terrorismo o i conflitti asimmetrici”.
Papa Francesco parla poi del voto all’ONU con cui “la maggior parte dei Membri della Comunità Internazionale ha stabilito che le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra”, cosa che “ha colmato il vuoto giuridico importante”.
I risultati – sottolinea il Papa – si devono “principalmente ad una “iniziativa umanitaria” promossa da una valida alleanza tra società civile, Stati, Organizzazioni internazionali, Chiese, Accademie e gruppi di esperti”, e in effetti nel processo portato avanti con le conferenze di Oslo, Nayarit e poi Vienna c’è stata poca partecipazione dei Paesi realmente possessori di armi nucleari.
Papa Francesco quindi ricorda l’insegnamento di Paolo VI, la cui enciclica Populorum Progressio compie 50 anni. Nell’enciclica, si parla di uno “sviluppo integrale”, che si ottiene – chiosa – rigettando “la cultura dello scarto” e avendo “cura delle persone e dei popoli che soffrono le più dolorose disuguaglianze, attraverso un’opera che sappia privilegiare con pazienza i processi solidali rispetto all’egoismo degli interessi contingenti”.
È attraverso questo “progresso effettivo ed inclusivo” che si può “rendere attuabile l’utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa, nonostante la critica di coloro che ritengono idealistici i processi di smantellamento degli arsenali”, il disarmo integrale di cui parlava Giovanni XXIII nella sua enciclica Pacem in Terris.
I premi Nobel che partecipano all’incontro sono 11. Hanno presentato un documento al Santo Padre, in cui viene sottolineato che “l’unico modo di assicurare un mondo di pace sostenibile e di evitare la diffusione delle armi nucleari e in sintesi che siano usate è di abolire le armi nucleari”.
Allo stesso tempo – aggiungono – c’è bisogno di “costruire un sistema di sicurezza internazionale sostenibile ed equo, in cui nessuna nazione senta il bisogno di dotarsi di armi nucleari” per garantire la propria difesa.
“Basterebbe eliminare le armi nucleari – sottolineano i Nobel – per operare questo cambiamento. Il disarmo integrale crea possibilità illimitate“.
di Andrea Gagliarducci per AciStampa
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