Andrea Tornielli – Dal volo Abu Dhabi-Roma
«È stato un viaggio troppo breve ma per me è stata un’esperienza grande. Io penso che ogni viaggio sia storico e anche che ogni nostro giorno sia per scrivere la storia quotidiana. Nessuna storia è piccola, ogni storia è grande e degna. E anche se è brutta, la dignità è nascosta e sempre può emergere». Con queste parole Papa Francesco ha introdotto il suo lungo colloquio con i giornalisti che lo hanno accompagnato negli Emirati. Il Papa ha parlato a lungo del dialogo con i musulmani, ma ha anche risposto a domande sul Venezuela e sulla lettera inviata in Vaticano da Nicolas Maduro, come pure degli abusi dei chierici sulle religiose.
Quali saranno i risultati prossimi di questo viaggio e quale impressione ha avuto sul Paese?
«Ho visto un paese moderno, mi ha colpito la città. Anche la pulizia della città, mi sono chiesto come fanno ad annaffiare i fiori in questo deserto. È un Paese moderno, accoglie tanti popoli ed è un Paese che guarda al futuro: per esempio nell’educazione dei bambini. Educano guardando al futuro. Poi mi ha colpito il problema dell’acqua: stanno cercando per il prossimo futuro di prendere l’acqua del mare e renderla potabile, e anche l’acqua dell’umidità e farla potabile. Sempre cercano cose nuove. Ho anche sentito dire da loro: ci mancherà il petrolio, e ci stiamo preparando. Mi è sembrato un Paese aperto, non chiuso. Anche religiosità: è un islam aperto, di dialogo, un islam fraterno, di pace. Sottolineo la vocazione alla pace che ho sentito di avere, malgrado ci siano i problemi di alcune guerre nella zona. Per me molto toccante l’incontro con i saggi dell’islam, un incontro profondo, erano di diversi luoghi e di varie culture. Questo indica pure l’apertura di questo Paese a un certo dialogo regionale, universale, religioso. Sono stato colpito poi dal convegno interreligioso: è stato un fatto culturale forte. E l’ho menzionato nel discorso, quello che hanno fatto qui l’anno scorso sulla protezione dei bambini in Internet. La pedopornografia oggi è una “industria” che dà tanti soldi e approfittano dei bambini. Questo paese se n’è reso conto. Ci saranno anche cose negative… Ma grazie per l’accoglienza».
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Come sarà applicata nel futuro la Dichiarazione sulla fratellanza?
«Il documento è stato preparato con tanta riflessione e anche pregando. Sia il grande Imam con la sua equipe, sia io con la mia, abbiamo pregato tanto per riuscire a fare questo documento. Perché per me c’è un solo grande pericolo in questo momento: la distruzione, la guerra, l’odio fra noi. Se noi credenti non siamo capaci di darci la mano, abbracciarci, baciarci e anche pregare, la nostra fede sarà sconfitta. Questo documento nasce dalla fede in Dio che è Padre di tutti e Padre della pace. Condanna ogni distruzione, ogni terrorismo, dal primo terrorismo della storia che è quello di Caino. È un documento che si è sviluppato in quasi un anno, con andata e ritorno, preghiere… è rimasto a maturare, un po’ confidenziale, per non partorire il bambino prima del tempo. Perché sia maturo».
È stato un viaggio pieno di incontri, impressioni, immagini. Mi è rimasto in mente l’arrivo: lei è stato accolto con onori militari, con gli aerei militari che facevano la scia con i colori vaticani nel cielo. Che cosa c’entra questo con Papa Francesco, che viene con un messaggio di pace? E per quanto riguarda l’appello per la pace nello Yemen, che reazioni ha ricevuto e quali reazioni fanno sperare per la pace?
«Io interpreto tutti i gesti di benvenuto come gesti di buona volontà. Ognuno li fa secondo le proprie culture. Ho trovato un’accoglienza così grande: volevano fare di tutto, piccole cose e grandi cose perché sentivano che la visita del Papa era cosa buona. Qualcuno ha detto anche una benedizione, Dio lo sa. Volevano far sentire che io ero benvenuto. Sul problema delle guerre: lei ne ha menzionato una. So che è difficile dare un’opinione dopo due giorni, e dopo aver parlato sull’argomento con poche persone. Dirò che ho trovato buona volontà nell’avviare processi di pace. Questo l’ho trovato come comune denominatore nelle cose di cui ho parlato a proposito delle situazioni belliche. Lei ha menzionato quella dello Yemen».
Dopo la firma storica ieri, secondo lei quali saranno le conseguenze nel mondo islamico, pensando soprattutto a Yemen e Siria? E quali conseguenze ci saranno tra cattolici, visto che c’è una parte di cattolici che accusa lei di farsi strumentalizzare dai musulmani?
«Mi accusano di farmi strumentalizzare, ma non solo dai musulmani! Da tutti, anche dai giornalisti! È parte del lavoro. Una cosa voglio dire e lo ribadisco chiaramente: dal punto di vista cattolico il documento non è andato di un millimetro oltre il Concilio Vaticano II. Niente. Il documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II. Prima di prendere la decisione di dire: sta bene così, lo finiamo così, l’ho fatto leggere a qualche teologo e anche dal Teologo della Casa Pontificia che è un domenicano con la bella tradizione domenicana, non di andare alla caccia di streghe ma di vedere la cosa giusta. E lui ha approvato. Se qualcuno si sente male, lo capisco, non è una cosa di tutti i giorni, e non è un passo indietro. È un passo avanti che viene da 60 anni, il Concilio che deve svilupparsi. Gli storici dicono che perché un concilio abbia conseguenze nella Chiesa ci vogliono 100 anni, siamo a metà del cammino. È accaduto anche a me. Ho letto una frase del documento che mi ha sorpreso e mi sono detto: non so se è sicura. Invece era una frase del Concilio! Nel mondo islamico ci sono diversi pareri, alcuni più radicali, altri no. Ieri nel Consiglio dei saggi c’era almeno uno sciita e ha parlato bene. Ci saranno discrepanze tra loro… ma è un processo, i processi devono maturare, come i fiori, come la frutta».
Lei ha appena concluso la visita negli Emirati e fra pochissimo andrà in Marocco. Ci sembra di capire che ha scelto di parlare con interlocutori ben precisi dell’islam. Il suo documento è ambizioso sull’educazione, può toccare i fedeli…
«Ho sentito dire da alcuni musulmani che va studiato nelle università, almeno in Al-Azhar di sicuro, e nelle scuole. Va studiato, non imposto. È un po’ un caso la vicinanza dei due viaggi. Io volevo andare all’incontro a Marrakech (la Conferenza Intergovernativa sulle migrazioni, nel dicembre 2018, ndr), ma c’erano delle questioni protocollari, non potevo andare all’incontro senza fare una visita al Paese. E per questo abbiamo rimandato la visita e ora è in coincidenza con questo viaggio. E il Segretario di Stato è andato a Marrakech. È stata una questione diplomatica e di educazione, la vicinanza delle date non è stata una cosa pianificata. Ma anche in Marocco io seguo le tracce di san Giovanni Paolo II, che è stato il primo ad andarci. Sarà un viaggio piacevole. Ho ricevuto inviti di altri Paesi arabi, e vedremo il prossimo anno, e io o un altro Pietro. Qualcuno ci andrà».
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