Ultimo appuntamento della visita del Santo Padre Francesco in Giappone. Visita alla Sophia University Giappone
Martedì 26 novembre LIVE TV dalle h. 01.55
Al termine della diretta il vide resterà disponibile per la successiva visualizzazione
“Non è un’utopia”: è possibile costruire un futuro basato sulla cultura della fraternità, dove la diversità è ricchezza, senza ricorrere al bullismo o all’aggressione. La strada è quella di donarsi perché per essere felici, “non possiamo guardarci allo specchio”, abbiamo bisogno di Dio e degli altri. È questa la missione che Papa Francesco, nel suo viaggio apostolico, affida ai giovani giapponesi nell’incontro avuto stamani con loro. In circa 900 lo accolgono con canti e gioia nella cattedrale di Santa Maria a Tokyo, realizzata dall’architetto Kenzo Tange, con otto pareti curve in cemento e acciaio, che formano una grande croce. Un momento che è prima di tutto di festa, durante il quale è stato donato al Papa un kimono corto raffigurante la sua immagine e il fiore di ciliegio, ma è anche un incontro che testimonia la diversità culturale e religiosa presente oggi in Giappone.
Il suo discorso in spagnolo, con varie aggiunte a braccio, si intesse come una risposta alle testimonianze di tre giovani che lo hanno preceduto. Come i ragazzi possano incontrare Dio in una società focalizzata sull’essere produttivi e competitivi, era il cuore della domanda posta dalla giovane cattolica, Miki Kobayshi.
E’ abituale, nota il Papa, vedere società altamente sviluppate all’esterno ma con la vitalità spenta, dove tutto diventa noioso. “Ci sono uomini e donne che si sono dimenticati di ridere”, che non conoscono il senso della meraviglia, vivono “come zombi, il loro cuore ha smesso di battere” a causa dell’incapacità di celebrare la vita con gli altri, rimarca.
“Quanta gente nel mondo è materialmente ricca, ma vive come schiava di una solitudine senza eguali! Penso alla solitudine che sperimentano tante persone, giovani e adulti, delle nostre società prospere, ma spesso così anonime”, ribadisce, esortando a combattere quella “povertà spirituale” che Madre Teresa diceva essere la più terribile povertà: “la solitudine e la sensazione di non essere amati”. E chiede ai giovani un deciso cambiamento di priorità:
Implica riconoscere che la cosa più importante non è tutto ciò che possiedo o che posso acquistare, ma con chi posso condividerlo. Non è così importante concentrarsi e domandarsi perché vivo, ma per chi vivo.
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