Papa Francesco, al centro della catechesi, commenta l’episodio del battesimo di Gesù nel Giordano.
(Fonte Vatican News – Alessandro Di Bussolo)
Come negli ultimi incontri con i pellegrini, il Papa ricorda di non poter scendere a “salutare ognuno”, per evitare assembramenti.
E questo è contro le cure, le precauzioni che dobbiamo avere davanti a questa “signora” che si chiama Covid e che ci fa tanto male. Per questo, scusatemi se io non scendo a salutarvi: vi saluto da qui ma vi porto nel cuore, a tutti. E voi, portatemi nel cuore a me, e pregate per me. A distanza, si può pregare uno per l’altro
Dall’Antico Testamento passa alla preghiera di Gesù, il cui primo atto pubblico è “la partecipazione a una preghiera corale del popolo, una preghiera penitenziale, dove tutti si riconoscevano peccatori”. Anche se Giovanni il Battista vorrebbe opporsi, e farsi battezzare lui dal cugino, Gesù insiste perché il suo, in obbedienza al Padre, è “un atto di solidarietà con la nostra condizione umana”.
Cristo, spiega il Papa, “prega con i peccatori del popolo di Dio, non rimane sulla sponda opposta del fiume”, non vuole apparire diverso e distante “dal popolo disobbediente, ma immerge i suoi piedi nelle stesse acque di purificazione”:
Gesù non è un Dio lontano, e non può esserlo. L’incarnazione lo ha rivelato in modo compiuto e umanamente impensabile. Così, inaugurando la sua missione, Gesù si mette a capofila di un popolo di penitenti, come incaricandosi di aprire una breccia attraverso la quale tutti quanti noi, dopo di Lui, dobbiamo avere il coraggio di passare.
Come spiega il Catechismo, al numero 2599: “La preghiera filiale, che il Padre aspettava dai suoi figli, è finalmente vissuta dallo stesso Figlio unigenito nella sua umanità, con gli uomini e per gli uomini”. Con Gesù, sul Giordano, prosegue Francesco, c’è tutta l’umanità. “C’è soprattutto il popolo dei peccatori: quelli che pensavano di non poter essere amati da Dio, quelli che non osavano andare al di là della soglia del tempio, quelli che non pregavano perché non se ne sentivano degni”. Gesù è venuto per tutti, anche per loro, e comincia proprio insieme a loro.
Ed è l’evangelista Luca che evidenzia il clima di preghiera di quel giorno, e che, mentre Gesù pregava “il cielo si aprì”. Pregando, commenta il Pontefice, “Gesù apre la porta dei cieli, e da quella breccia discende lo Spirito Santo”. E una voce proclama: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
Una frase che “ci fa intuire qualcosa del mistero di Gesù e del suo cuore sempre rivolto al Padre”:
Nel turbinio della vita e del mondo che arriverà a condannarlo, anche nelle esperienze più dure e tristi che dovrà sopportare, anche quando sperimenta di non avere un posto dove posare il capo, anche quando attorno a Lui si scatenano l’odio e la persecuzione, Gesù non è mai senza il rifugio di una dimora: abita eternamente nel Padre.
Con quella preghiera, chiarisce Papa Francesco, lo Spirito Santo prende possesso della persona di Gesù, ed è una preghiera “totalmente personale, e così sarà per tutta la sua vita terrena”, ma nella Pentecoste diventerà per grazia la preghiera di tutti i battezzati in Cristo. Gesù stesso ha ottenuto per noi questo dono, “e ci invita a pregare così come Lui pregava”:
Per questo, se in una sera di orazione ci sentiamo fiacchi e vuoti, se ci sembra che la vita sia stata del tutto inutile, dobbiamo in quell’istante supplicare che la preghiera di Gesù diventi anche la nostra. Udremo allora una voce dal cielo, più forte di quella che sale dai bassifondi di noi stessi, bisbigliare parole di tenerezza: “Tu sei l’amato di Dio, tu sei figlio, tu sei la gioia del Padre dei cieli”.
Parole del Padre che sono per ciascuno di noi, conclude il Papa, “anche se fossimo respinti da tutti, peccatori della peggior specie”. Perché “Gesù non scese nelle acque del Giordano per sé stesso, ma per tutti noi”. Ha aperto i cieli, come Mosè le acque del mar Rosso, “perché tutti noi potessimo transitare dietro di Lui”. Gesù ci ha regalato la sua stessa preghiera, “che è il suo dialogo d’amore con il Padre”, come un seme della Trinità, “che vuole attecchire nel nostro cuore. Accogliamolo!”
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