Debora Donnini – Città del Vaticano
Il presepe porta il Vangelo nei posti in cui si vive: nelle case, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze. È il senso profondo del presepe per la pace, per la famiglia, per cambiare la nostra vita, stamani al centro della catechesi di Papa Francesco all’udienza generale in Aula Paolo VI.
Fare il presepe è prima di tutto un modo semplice ma efficace per prepararsi al Natale tanto che Papa Francesco ricorda di essersi recato a Greccio, dove San Francesco realizzò il primo, e di aver scritto una lettera sul suo significato. Il presepe richiama una cosa essenziale, cioè che Dio non è rimasto invisibile in cielo ma è venuto sulla Terra e si è fatto uomo. Fare il presepe è quindi “celebrare la vicinanza di Dio”: Dio sempre è stato vicino al suo popolo ma quando si è incarnato è stato “vicinissimo”, afferma il Papa. Non è infatti “un giudice distaccato” o un “signore lontano” ma è “Amore umile, disceso fino a noi”. Il Bambinello con le braccia aperte ricorda proprio che “Dio è venuto ad abbracciare la nostra umanità”. Per questo il Papa esorta a stare davanti al presepe per parlare al Signore delle persone e delle situazioni che abbiamo a cuore, per “fare con Lui il bilancio dell’anno che sta finendo”, condividere attese e preoccupazioni.
La sua attualità coinvolge anche l’orizzonte della pace:
Il presepe è più che mai attuale, mentre ogni giorno si fabbricano nel mondo tante armi e tante immagini violente, che entrano negli occhi e nel cuore. Il presepe è invece un’immagine artigianale di pace. Per questo è un Vangelo vivo.
Nel presepe vengono proposte scene quotidiane: i pastori con le pecore, i fabbri che battono il ferro, i mugnai, a indicare che Dio viene “nella nostra vita concreta”. Quindi è importante fare un piccolo presepe a casa anche per ricordare che “Dio è venuto da noi”, “ci accompagna nella vita”, e quindi “nella vita di tutti i giorni, non siamo più soli”, ribadisce il Papa:
Non cambia magicamente le cose ma, se Lo accogliamo, ogni cosa può cambiare. Vi auguro allora che fare il presepe sia l’occasione per invitare Gesù nella vita. Quando noi facciamo il presepe a casa, è come aprire la porta e dire: “Entra, Gesù!”, è fare concreta questa vicinanza, questo invito a Gesù perché venga nella nostra vita. Perché se Lui abita la nostra vita, la vita rinasce. E se la vita rinasce, Ed è davvero Natale.
Accanto a Gesù, vediamo Maria e Giuseppe e il Papa esorta quindi anche ad invitare la Sacra Famiglia a casa nostra. Il presepe significa infatti “mangiatoia” e Betlemme “casa del pane” e quindi farlo nella nostra casa, dove condividiamo cibo e affetti, ricorda che Gesù è il “pane della vita” e dona alle famiglie la forza di andare avanti e perdonarsi.
Il presepe è anche “un invito alla contemplazione”, che richiama l’importanza di fermarci:
Solo se lasciamo fuori casa il frastuono del mondo ci apriamo all’ascolto di Dio, che parla nel silenzio. Il presepe è attuale, è l’attualità di ogni famiglia. Ieri mi hanno regalato un’immaginetta di un presepe speciale, piccolina, che si chiamava: “Lasciamo riposare mamma”. C’era la Madonna addormentata e Giuseppe con il Bambinello lì, che lo faceva addormentare. Quanti di voi dovete dividere la notte fra marito e moglie per il bambino o la bambina che piange, piange, piange … “Lasciate riposare mamma”; la tenerezza di una famiglia, di un matrimonio.
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