Messaggio di Papa Francesco all’arcivescovo di Agrigento in occasione delle celebrazioni per il decimo anniversario della sua visita a Lampedusa nel 2013.
Il Papa esprime profonda preoccupazione per le tragedie umanitarie nel Mediterraneo e fa appello a un cambio di atteggiamento e solidarietà. Invita anche la Chiesa a uscire da sé stessa per curare le ferite degli altri con amore e carità. Il Papa chiede inoltre alla gente di Lampedusa di non essere guidata dalla paura o da logiche di parte, ma di diffondere la ricchezza spirituale del Vangelo.
Dieci anni fa, il Mare Nostrum fu testimone di una delle più grandi tragedie mai accadute: oltre 300 uomini, donne e bambini provenienti dall’Africa furono sepolti dalle acque al largo di Lampedusa. Da allora, queste “stragi silenziose” si sono ripetute in modo costante, come abbiamo visto recentemente a Cutro, in Calabria, e a Pylos, in Grecia, causando centinaia di morti e migliaia di dispersi. Queste vite innocenti spezzate sono una vergogna per la società e emettono un grido doloroso e assordante che non possiamo ignorare.
Papa Francesco, nel suo messaggio all’arcivescovo di Agrigento per il decennale della sua visita a Lampedusa, richiama l’attenzione sulla morte di innocenti, specialmente di bambini, che cercano una vita migliore lontano dalla guerra e dalla violenza. L’indifferenza verso queste tragedie è inaccettabile e il Papa esorta a cambiare approccio nei confronti della questione migratoria. Non dobbiamo lasciarci imprigionare dalla paura o da logiche di parte, ma dobbiamo mostrare compassione e solidarietà.
Il Papa ricorda il suo viaggio a Lampedusa dieci anni fa, quando voleva manifestare il suo sostegno e la sua vicinanza a coloro che, dopo aver affrontato terribili peripezie in mare, erano approdati sulle coste dell’isola. Purtroppo, poco è cambiato da allora, e continuiamo ad assistere a gravi tragedie nel Mediterraneo. Questa è una vergogna per una società che ha perso la capacità di piangere e di provare compassione verso gli altri.
Il Papa afferma che queste sciagure disumane devono scuotere le nostre coscienze e ci pone una domanda fondamentale: “Dove sei, uomo? Dov’è il tuo fratello?”. Ci chiede se vogliamo perseverare nell’errore, pretendendo di sostituirci al Creatore, dominando per proteggere i nostri interessi e rompendo l’armonia che esiste tra Dio e noi.
È necessario cambiare atteggiamento. Ogni fratello che bussa alla nostra porta merita amore, accoglienza e cura. Siamo chiamati a un rinnovato senso di responsabilità, mostrando solidarietà e condivisione. In particolare, la Chiesa deve uscire da sé stessa per essere profetica e curare le ferite degli altri con il balsamo della fraternità e della carità, proprio come Cristo ha fatto.
Infine, il Papa rivolge un appello alla gente di Lampedusa affinché non rimanga imprigionata dalla paura o dalle logiche di parte. Invita tutti a essere cristiani capaci di diffondere la ricchezza spirituale del Vangelo sull’isola, che si trova nel cuore del Mare Nostrum, affinché possa risplendere nella sua bellezza originaria.