Pubblicità
HomeBLOGDaniele VenturiPAPABOYS Essere un 'giovane del Papa': tra utopia ed ideologia

PAPABOYS Essere un ‘giovane del Papa’: tra utopia ed ideologia

19heucmun-Copia“La Chiesa non è un club” – sono chiare le parole di Papa Francesco nei primi mesi del Pontificato. E non è un club neanche l’Associazione dei Papaboys. Tutti coloro che ci scambiano per una realtà fatta di ‘esaltati da Angelus domenicale’ con chitarre, tamburelli  e canti sguaiati, oppure di partecipatori occasionali di Gmg o grandi eventi della fede, probabilmente leggono più Repubblica (quelle poche volte che durante l’anno parla di noi) rispetto a quello che invece direttamente comunichiamo e svolgiamo quotidianamente. Ma il rischio principale che corriamo è che siano proprio alcuni di quelli che si definiscono ‘Papaboys’ solo ‘ideologicamente’, ma non con fatti concreti, a non aver capito bene cosa stiamo facendo. E su cosa siamo impegnati. Ogni giorno. E non una volta o due al mese. E solo impegnandosi ogni giorno si può capire. Altra strada non c’è. Almeno all’interno dei Papaboys.

C’è una frase di Paolo VI che bene ci coinvolge e dovrebbe rappresentarci: Il cristiano alimenta la propria speranza sapendo innanzi tutto che il Signore è all’opera con noi nel mondo e che attraverso il suo Corpo che è la Chiesa – e per essa in tutta l’umanità – prosegue la Redenzione compiuta sulla Croce e che esplose in vittoria la mattina della Risurrezione.

Ecco: per chi ancora non lo avesse chiaro, quello che abbiamo liberamente scelto come missione è cercare di conoscere Cristo per portarlo ai più giovani. E’ portare a loro la Sua amicizia, poiché di Cristo siamo amici. E’ donare a loro la nostra vita perché Cristo ha donato la Sua a noi. E’ spendere il nostro tempo con loro, perché Cristo ha investito in ciascuno di noi tutta l’eternità.

Giovanni Paolo II ci ha chiesto di portare il Vangelo nel mare della rete ai nostri coetanei, e siamo partiti. Benedetto XVI ci ha chiesto di diventare missionari di pace tra le nazioni, tra i popoli e tra le culture, e ci siamo di nuovo messi in azione. Francesco ci sta chiedendo ogni giorno di non avere paura a percorrere le periferie dell’esistenza, ed anche in questa richiesta proviamo a dare con tutta la nostra presenza una risposta concreta. Nel piccolo. Poiché siamo piccoli. Ma nella presenza reale, perché siamo realmente presenti. E realmente presente è Cristo Gesù, con noi. E le risposte si danno di persona, con scelte che ci facciano mettere al servizio. Per farle, si deve trovare il tempo per servire. Se non c’è tempo, non c’è servizio. Dio ci offre tutto il tempo e noi come lo utilizziamo? Ognuno valuti la gestione del suo. Ma se non c’è tempo per Dio, non c’è tempo per noi, e non c’è neanche tempo per servire. E quindi non c’è tempo per essere ‘Papaboys sempre presenti’. Ovviamente chi dice ‘Papaboys sempre presenti’ con 3-4-5 incontri in 1 anno, non ha capito niente dei Papaboys e quindi, o cambia modo di agire e di impegnarsi, oppure può continuare a leggerci su Repubblica ogni tanto. E trovare un’altra strada nella Chiesa. Ce ne sono tante e bellissime.

Per essere un ‘giovane del Papa’ all’interno di una realtà come la nostra, ancora agli inizi, debole e fragile, non c’è altra strada che mettersi in gioco, con la vita. Solamente a tempo perso e senza continuità non serve a niente. E’ ideologia di appartenenza e non porta a costruire speranza, neanche per noi stessi. Ed infatti solo con l’ideologia veniamo quotidianamente travolti dai misteri dell’iniquità che spezzano e spazzano anche le nostre principali forze e buone motivazioni. Partecipare a due o tre iniziative l’anno lo ripeto – talvolta neanche quelle – (senza camminare nella quotidianità con il Signore e con la Chiesa, e nell’Associazione) non serve a niente. Solo danni. E sbaglia anche chi pensa di appartenere ai Papaboys senza avere un impegno costante. E’ un grave errore che produce confusione e non è una buona testimonianza per gli altri. Senza un cammino quotidiano, non si è Papaboys. Senza un cammino quotidiano si è solamente legati ad una ideologia dell’essere qualcosa che NON CI RAPPRESENTA in alcun modo. Per essere un ‘giovane del Papa’ si deve prendere esempio dal Successore di Pietro (chiunque sia Pietro). 

Come inizia la giornata di Pietro? Con l’Eucarestia. Come deve iniziare la giornata di un giovane del Papa? Con l’Eucarestia.

Come continua la giornata di Pietro? Con l’apostolato, gli incontri, la presenza, la testimonianza della fede. Come deve continuare la giornata di un giovane del Papa? Nello stesso modo, anche negli ambienti di lavoro e di studio. Dire: ‘Grazie a Dio questa interrogazione è andata bene!’ è testimoniare la presenza di Dio come mia guida nella scuola.  Dire: ‘Se Dio vorrà completerò questo progetto!’ è riconoscere l’intervento di Dio nel mio lavorare, o nel mio operare.

C’è una riflessione ancora più grande (ma rischio di parlare l’arabo pur non conoscendolo, visto che qui non si comprende neanche l’italiano, seppur chiaro…): Ogni cosa della mia giornata devo riuscire a farla per la MAGGIOR GLORIA DI DIO! Allora sì che siamo ‘giovani del Papa’.

L’utopia è speranza in atto, nel vedere che in alcune nazioni del mondo ed in alcune zone d’Italia questa scelta di mettere prima i giovani (e poi noi stessi) sta portando frutti. E’ grazie alla scelta missionaria di alcuni dei più responsabili e grandi (di età) che hanno detto sì all’impegno preso. Ce ne sono, grazie a Dio, silenziosi, ma ce ne sono! Perché il problema è questo: mentre tanti giovani stanno dicendo sì, molti adulti che dovrebbero dirlo, continuano a nascondersi, restare impelagati nelle proprie inquietudini personali e soprattutto a non avere coraggio. Seguire altre strade, non sarebbe un errore. Non abbiamo bisogno di responsabili ‘part time’. E’ la paura il principale nemico delle scelte definitive. E senza scelte definitive non potremo mai metterci al vero servizio della gioventù, che ha bisogno non di molto alla fine, semplicemente del nostro essere presenti. E di provare ad ascoltare le istanze. Non necessariamente dovremo creare un movimento numerico dei Papaboys tale da riempire da soli Piazza San Pietro (questo eventualmente ce lo chiederà lo Spirito Santo), non ci siamo impegnati a riempire una Piazza (ma a riempire un cuore alla volta); sicuramente dobbiamo continuare a creare qualche opportunità di incontro con Gesù per i giovani. Anche per chi lo rifiuta. Anche per chi lo allontana. Anche per chi non è interessato. Parleremo molto presto dei giovani che se ne vanno, che non si impegnano: per quali motivi se ne vanno, dalla Chiesa, dalla Parrocchia o dai gruppi e movimenti. Anche personalmente, nell’evangelizzazione quotidiana, non ho mai proposto di ‘entrare nei Papaboys’, ho sempre cercato di dire a tutti ‘andate da Gesù’.

L’ideologia è delusione costante, soprattutto nella misura in cui si fa parte di una ‘rete’ per la quale non ci si spende, per la quale non ci si mette a rischio, per la quale non si dedica tempo. Significa combattere una guerra (è tale visto il nemico che affrontiamo) senza soldati.  Se vuoi essere un Amico o un Amica fedele di Gesù, e vuoi portare Lui agli altri, inizia a stare parecchio tempo con Lui. Le amicizie trascurate non portano gioia. E non sono neanche amicizie. Ma se prevedi di avere poco tempo per Lui, e quindi di conseguenza, agli altri porti solo te stesso o te stessa e i tuoi problemi, allora hai sbagliato Associazione. Non è più il tempo del cristianesimo con mezze misure. Oggi dobbiamo tutti i giorni affidarci al Vangelo, alla Parola di Gesù attuale in ogni minuto della nostra giornata. I frutti faranno riconoscere le radici dell’albero, e dai frutti saremo riconosciuti. Oggi, in maniera inaspettata, abbiamo frutti dove qualche uomo o donna ispirato dalla Divina Provvidenza ha saputo mettersi in gioco. Con la vita. Con scelta definitiva. Non a chiacchiere, né a lamentosi, né con belle parole. Le belle (o brutte) parole, restano scritte ma non producono frutti. E le parole, quelle che interessano, sono già state scritte tutte, da Dio.

L’ideologia è stupirsi se un responsabile nazionale chiede ad un gruppo di ‘potenziali responsabili’ di impegnarsi quotidianamente con Gesù nella frequentazione dell’Eucarestia. “Io non ho tempo”, “per me è impossibile”, “devo fare altro”, “non ci riuscirei mai” “ho altre priorità”, “prima viene altro”…: queste sono le risposte agli atti. Significa non aver chiaro nella vita che cosa è il Cristianesimo, significa nella vita non avere la minima idea delle priorità che ci sono soprattutto dal lato dello Spirito. E significa anche avere una infarinata generale della Chiesa e del Vicario di Cristo. Cosa costruiamo tutti i giorni senza Cristo? Una casa senza fondamenta! Ecco, se non c’è tempo per andare ogni giorno a prendere Gesù e portarlo nel cuore per donarlo agli altri, vi prego, con tutto il cuore, trovatevi un assistente spirituale valido (ce ne sono e sono uno strumento potente e grandioso di Dio per vivere da cristiani al 100%) e ripartite dal Catechismo della Chiesa Cattolica, provate a rileggerviChristifideles laici’, l’esortazione apostolica del Santo Giovanni Paolo II della quale voglio ricordarvi solo queste due parole (ma va riletta e capita tutta).  “Non c’è posto per l’ozio, tanto è il lavoro che attende tutti nella vigna del Signore. Il «padrone di casa» ripete con più forza il suo invito: «Andate anche voi nella mia vigna»” 

Sia chiaro ed evidente, non lasceremo ‘la gioventù del Papa’ che attende educatori che donino la vita, in mano a persone che non hanno tempo di donarsi. E che non hanno tempo per un incontro quotidiano con Gesù Cristo! di Daniele Venturi*

*Presidente Associazione Papaboys

SCRIVI UNA RISPOSTA

Scrivi il commento
Inserisci il tuo nome