Erano le 21:30, era il finire di una bellissima giornata d’autunno e qualcosa a Parigi cambiò per sempre. Arrivò in pochi minuti la morte più inattesa, quella che ti coglie mentre bevi una birra al tavolino del bistrot, mentre salti e ti scateni a un concerto rock e i colpi non sono quelli della batteria ma di un kalashnikov che ti spara addosso. Morirono in 130 la sera di venerdì 13 novembre.
Quella ferita sanguina ancora, i francesi non dimenticheranno mai quella partita interrotta dalle esplosioni allo Stade de France, il sangue che colava dai marciapiedi, fra i tavolini della Belle Equipe, del Carillon, del Petit Cambodge, della Bonne Biere, di Casa Nostra, del Comptoir Voltaire. E negli occhi rimarranno le immaigini della carneficina al Bataclan. E’ stato l’11 settembre della Francia, atterrita, ancora sotto shock, ancora alla ricerca di tutti gli assassini e di tutti gli errori commessi.
Ma la voglia di voltare pagina e ripartire è traboccante, il Paese non vuole più – come hanno ripetuto Francois Hollande e Manuel Valls – “continuare a piangere i suoi morti”. Non vuole aver paura di uscire la sera o di mandare i propri figli a scuola. C’è uno stato d’emergenza in vigore a ricordare quella serata tragica, ci sono le inchieste in corso tra Francia e Belgio, e l’unico esecutore materiale ancora in vita, il fuggiasco Salah Abdeslam, murato vivo in una cella del carcere di massima sicurezza di Fleury-Merogis. Non ha detto ancora una parola e, dice il suo ormai ex avvocato, continua a radicalizzarsi sempre più.
Da quella sera, i parigini hanno reagito. Nelle prime settimane, nei primi mesi, è stato difficile, quasi tutti conoscevano qualcuno che era al Bataclan o nei bistrot. Strade e ristoranti erano deserti la sera, ogni colpo, ogni rumore improvviso scatenava la paura. Pirati informatici seminavano il terrore nei licei annunciando stragi e bombe a ripetizione, altri hanno fatto evacuare buona parte del centro di Parigi diffondendo la falsa notizia del sequestro di ostaggi in una chiesa. I nervi scoperti dei francesi, la strage del 14 luglio a Nizza, i tanti attentati sventati, l’orrore di Saint-Etienne-du-Rouvray, sono ancora troppo vicini. Ma la voglia di voltare pagina e ripartire è palpabile, ogni parigino ne parla, i ragazzi fuori dalle scuole fanno gli spavaldi quando il preside li invita a non fermarsi davanti al portone, le sale da concerto sono stracolme, i ristoranti hanno ricominciato a lavorare. Il 10% dei turisti ha abbandonato quest’anno la Francia ma ci sono i primi timidi segnali di ripresa dopo due anni da dimenticare, a partire dal 7 gennaio 2015, inizio della sanguinosa stagione del terrorismo a Parigi con la strage nella redazione di Charlie Hebdo. C’è sobrietà annunciata nelle celebrazioni, cominciate simbolicamente con un omaggio – ieri 11 novembre, anniversario dell’armistizio nella Grande Guerra – ai morti di un conflitto lontano. Ognuno dei sobri ricordi delle stragi jihadiste sarà affiancato a un segnale di ripresa, a uno slancio di vita.
Ieri sera si sono fermati per un minuto i protagonisti di Francia-Svezia; e al Bataclan i proprietari hanno voluto che fosse la musica, un grande concerto di Sting, a dare il via alla nuova stagione stasera, prima ancora dell’omaggio delle autorità e della lapide che sarà scoperta domenica. Si riparte da dove ci si era fermati, dalla musica rock. E domenica, mentre si scopriranno targhe e si elencheranno i nomi di tante persone uccise, soprattutto giovani e giovanissimi, al Canal Saint-Martin, luogo di ritrovo “cult” dei ragazzi parigini, si accenderanno migliaia di lanterne. Una candela, dalle finestre di tutte le case di Francia, dovrà essere il simbolo del ricordo e della vita che riprende.
Redazione Papaboys (Fonte www.ansa.it)
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