Grande emozione domenica al Regina Coeli per i due sacerdoti che, poco dopo l’ordinazione, insieme a Papa Francesco hanno benedetto i pellegrini in Piazza San Pietro. Don Davide Maria Tisato e don Elia Del Prete hanno entrambi studiato al seminario “Redemptoris Mater” di Roma. Al microfono di Benedetta Capelli ascoltiamo don Elia Del Prete, 30 anni, da tempo impegnato nella pastorale per le persone sorde e che racconta così quanto accaduto:
R. – La giornata di domenica è stata carica di emozioni: un susseguirsi di doni, di grazie, di regali da parte di Dio. Le emozioni delle ordinazioni sono state uniche. Questo regalo di Dio – poter stare con il Santo Padre accanto a lui nella recita del Regina Caeli – è stato una sorpresa anche per me, perché parlando con don Davide – l’altro nuovo sacerdote – ci siamo comunicati questo desiderio. Il Santo Padre ci ha stupito, che ci abbia concesso questo momento con tutta serenità. Ovviamente le emozioni in quel momento erano fortissime, ero quasi stordito. Però alla fine ho visto questo come un regalo da parte di Dio. Poi la benedizione finale è stata una sorpresa, come avete visto anche dal video: il Papa ce l’ha comunicata al momento. È stato tutto un regalo di Dio, uno dopo l’altro.
D. – C’è una frase particolare, un pensiero, che Papa Francesco ti ha comunicato e che per te è estremamente importante tenere nel tuo cuore?
R. – Mi ha colpito come il Santo Padre non lasci nulla per scontato, ma vede sempre con un occhio di fede gli eventi. Infatti quando ci stavamo avviando verso la stanza da dove si affaccia, mentre lo ringraziavamo per questo regalo che ci stava facendo, ci ha detto, con molta sincerità, che questo atteggiamento di insistenza che abbiamo avuto nel chiedere questo regalo, dobbiamo aver anche con il Signore: essere insistenti anche con Dio.
D. – Nel corso dell’omelia Papa Francesco vi ha dato veramente molti consigli utili: sul battesimo, su come fare le omelie … Ce ne è uno in particolare che ti ha colpito?
R. – Più di uno. Il primo è stato quello di essere sempre strumenti della misericordia anche in riferimento alla Confessione che non deve essere un luogo carico di moralismo o di legge, ma un luogo di verità e di misericordia. Il secondo è quello che riguarda la vanità, la battaglia più grande per un sacerdote. Spero che il Signore mi conceda la grazia di non cadere mai nella vanità.
D. – Elia, come è nata la tua vocazione, la tua chiamata?
R. – Grazie a Dio sono nato in una famiglia cattolica, praticante, che fa parte del cammino neocatecumenale. Come tutti i ragazzi, quando ero adolescente, avevo i miei progetti: sposarmi, lavorare con mio padre – per questo avevo preso la facoltà di architettura – avere una famiglia numerosa, servire la Chiesa, però sempre con un mio ideale basso di vita in modo tale che io potessi controllarlo e gestirlo senza faticare troppo. Di fatto, pensavo di realizzare questo, anzi addirittura durante l’adolescenza – se posso essere sincero – pensavo che la vocazione sacerdotale fosse una vocazione di “serie B”, cioè per quelli che non riescono nella vita, per quelli che vengono scartati, per quelli che non vuole nessuno o quelli che non si fidanzano. Il Signore ha fatto veramente grandi cose nella mia vita e mi è venuto a trovare in un momento difficile come fa sempre il Signore, che ci viene a trovare nella sofferenza. Dio mi ha portato nel deserto per poter parlare al mio cuore. Quindi ho visto come il Signore mi stava chiamando ad essere suo amico, cioè ad un’intimità particolare. All’inizio è stato un po’ come dire: “Vediamo che sai fare”, e gli ho lasciato questo piccolo spazio. Poi il Signore ha fatto miracoli: otto anni di seminario, un anno e mezzo di missione in Francia … tutto gratuitamente e gratuitamente mi ha ricostruito come persona, mi ha ridato una spina dorsale, la felicità, cosa che prima non avevo.
D. – Che sacerdote vuoi essere?
R. – Questo lo sa solo Dio! Ciò che io desidero è che mi possa consumare, che possa spendermi completamente per Dio, per la salvezza delle anime, che io possa donare la mia vita perché molti cuori siano svelati e possano ritornare a lui; consumarmi, spendermi fino all’ultima goccia, arrivare la sera a casa veramente stanco perché mi sono speso e donato completamente per gli altri, perché lì ricevo la vita da parte di Dio.
A cura di Redazione Papaboys fonte Radio Vaticana