E se il prossimo anno Papa Francesco arrivasse in Veneto, magari sulle Dolomiti, per beatificare Giovanni Paolo I? È l’idea che tanti sindaci del Cadore e del Veneto, a cominciare da Mario Tremonti di Lorenzago e Rinaldo De Rocco di Canale d’Agordo, si sono fatti ieri, ascoltando a Trebaseleghe, in casa di Fabio Franceschi, fondatore di Grafica Veneta, il Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin.
Franceschi lo aveva invitato alla presentazione della rivista “Le Tre Venezie”, sui soggiorni cadorini di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Clodovaldo Ruffato, già presidente del Consiglio regionale, presentando il porporato alla platea di imprenditori ed amministratori pubblici radunati da Franceschi, aveva chiesto al più stretto collaboratore di Papa Francesco: «Metta una buona parola perché anche lui venga sulle Dolomiti». «L’ho già fatto – ha risposto candidamente il Segretario di Stato -. Spero che accoglierà l’invito perché il papa non è ancora venuto in Veneto. Una visita la deve pur fare…». E la farà il prossimo anno – abbiamo chiesto a Parolin – se per Giovanni Paolo I ci sarà la beatificazione? «Noi speriamo fortemente che Giovanni Paolo I possa arrivare agli onori degli altari – si è limitato a rispondere il porporato –. Voi pregate anche per questo».
Entro fine anno dovrebbe essere approvato l’indispensabile decreto sull’esercizio eroico da parte di Luciani delle virtù cristiane. «Una volta che sarà approvato questo decreto, e se ci sarà il miracolo, credo che per la beatificazione non mancherà molto. Il requisito è il miracolo». «È la guarigione prodigiosa che state esaminando in Argentina?», l’abbiamo interrotto. «Credo che ci sia già qualche cosa – ha risposto Parolin –. Se il miracolo sarà approvato si procederà in tempi brevi».
Per la presentazione della rivista, che fa sintesi dei sei periodi di riposo di Karol Wojtyla a Lorenzago, a partire dal 1987, e del soggiorno, nel 2007, di Joseph Ratzinger, sono scesi dal Cadore una trentina di sindaci, accompagnati, tra gli altri, dal vescovo emerito Giuseppe Andrich. Altre decine di amministratori, compresi il presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, e gli assessori Corazzari e Pan, hanno fatto da cornice, insieme ai politici e ai rappresentanti delle forze dell’ordine, ad un incontro singolare per un cardinale, in una grande industria, dove tra l’altro – come ha riferito Franceschi – si stampano molti più corani che bibbie.
Parolin stesso, dopo aver visitato la fabbrica e salutato i lavoratori, tra i quali numerosi musulmani, ha passato in rassegna le vacanze pontificie in Cadore. «La gente si dava appuntamento al mattino a Lorenzago per salutare Giovanni Paolo II, quando usciva dal castello di Mirabello per andare in escursione – ha ricordato tra l’altro –. La stessa cosa avveniva alla sera, quando rientrava dopo una giornata trascorsa all’aria aperta, immerso nella bellezza del creato».
Il cardinale Dziwisz, allora segretario di Wojtyla, ricordando quei giorni, sottolinea nella rivista «la fedeltà delle persone e la loro discrezione nell’attendere e salutare il papa ogni volta che usciva: lungi dall’essere una forma di invadente pressione, la loro presenza si rilevò una forma di difesa della privacy del Pontefice perché si cercò sempre di salvaguardare la sua riservatezza e il suo riposo». Di Benedetto XVI è il parroco di Lorenzago, don Sergio De Martin, a ricordare un angelus, dedicato, fra l’altro, alla tragicità della Prima Guerra Mondiale e all’anelito per la pace.
Parolin non ha mancato di fare riferimento anche a Canale d’Agordo, il paese natale di Luciani, evidenziando la continuità tra il “papa del sorriso”, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. «Giovanni Paolo I è stato veramente un profeta – ha detto il porporato – per quella sua continua tensione nell’annunciare l’amore di Dio a tutte le creature». Ancora più profondo e tenero – ha aggiunto – di quanto si possa immaginare, «tanto da paragonarlo non solo a quello di un padre verso i suoi figli ma alla tenerezza di una madre».
A margine del convegno, Parolin ha avuto modo di sottolineare con insistenza l’urgenza di assicurare un lavoro dignitoso a quanti lo cercano, in particolare ai giovani. Tema affrontato anche nell’incontro con i dipendenti dell’azienda, insieme al patron Fabio Franceschi. «Avere un mestiere significa impegno e realizzazione personale – ha dichiarato Franceschi – e girando per questa realtà industriale del Nordest, dal carattere familiare, si percepisce un grande senso di comunità anche tra religioni diverse. Particolare questo sottolineato nell’intonare il Padre Nostro prima della benedizione alle maestranze per il quale ha chiesto il rispetto per le differenti fedi praticate. Grafica Veneta – ha annunciato il patron – ha intrapreso una nuova campagna per la scolarizzazione della Libia. L’Africa è l’ultima terra di conquista dello stabilimento padovano che dopo gli elenchi
telefonici, i dizionari medici e i testi religiosi, si sta posizionando anche con la narrativa. Un continente sorprendente – ha spiegato – che si approccia alla lettura con riguardo e curiosità perchè la cultura può cambiare il destino di un popolo».
Fonte mattinopadova.gelocal.it
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