Ieri come oggi, discriminazioni e persecuzioni
Le discriminazioni e le persecuzioni per motivi religiosi, etnici o ideologici “non sono solo un retaggio del passato”, ma “sono ancora purtroppo presenti nelle cronache dei nostri giorni”. Così il cardinale Parolin nella Basilica di San Marco, ricordando il 25 aprile e il 70° anniversario dalla fine in Italia della Seconda Guerra Mondiale e “delle lotte fratricide del drammatico biennio” tra il settembre 1943 e l’aprile 1945.
Per l’Italia, progressi in 70 anni di pace
Il segretario di Stato ha ringraziato il Signore “per i tanti benefici e progressi” che questi 70 anni di pace “hanno consentito all’Italia”, non dimenticando però che “in non pochi luoghi del pianeta” oggi si continua a morire, anche per motivi di credo: “la professione di fede in Cristo – ha detto – a volte comporta la piena disponibilità al martirio”. “Ci preoccupano – ha aggiunto – le notizie di tante tragedie e conflitti nel mondo”, ma il ricordo della fine dell’ultima guerra mondiale deve spingerci “a lavorare con rinnovato vigore per la pace e la concordia tra i popoli”.
Vigili verso pericoli di chi strumentalizza ideologie e religioni
L’impegno, secondo il cardinale Parolin, è quello “ad essere solidali con gli esuli e gli ultimi”, ma anche “a rimanere vigili nei confronti dei pericoli che – ha sottolineato – provengono da coloro che, strumentalizzando e manipolando un interesse di parte, un’ideologia o una religione, invece di portare liberazione e giustizia, arrecano all’umanità – ha osservato – le ferite lancinanti della violenza e della sopraffazione”.
Il Vangelo di Marco
Le parole del porporato sono state poi per San Marco, che “portandoci il Vangelo”, ci ha fatto incontrare “la Parola e la presenza viva del Risorto”, liberandoci così “dalle paure inconsistenti verso un futuro ignoto, dagli sterili pessimismi rispetto alle difficoltà del presente e dalle tristezze e angosce per gli errori del passato”. Con l’evangelista patrono della Chiesa di Venezia e delle genti venete, ha aggiunto il cardinale Parolin, “impariamo a seguire fedelmente il Cristo Signore ‘alla scuola del Vangelo’”, che è “capace di donare una nuova visione della vita e di offrire nuove energie nel cammino quotidiano”. Per questo l’invito è stato a “rileggere il Vangelo“: “l’umiltà e la misericordia”, ad imitazione del Figlio di Dio, ha inoltre esortato, diventino “lo stile” nel quale cerchiamo di comunicare la verità della Parola del Signore, ma anche “la modalità in cui ci sforziamo di far valere le nostre opinioni e di portare a compimento le nostre decisioni”. Siamo “grati” e “fieri”, ha proseguito, per “il dono inestimabile della fede cristiana” e chiediamo al Signore “di conservarla e di accrescerla” nei nostri cuori e in quelli delle nuove generazioni.
L’arte di Venezia
Citando poi le recenti parole di Papa Francesco al capo di Stato italiano Sergio Mattarella, con cui il Pontefice ha sottolineato il grande contributo del cristianesimo alla cultura dell’Italia e al carattere della sua popolazione, con la fede che ha “permeato l’arte, l’architettura e il costume del Paese”, il segretario di Stato ha voluto mettere in luce “lo splendore della Basilica” e degli altri monumenti di Venezia.
Servizio per il bene comune
Ha pregato quindi affinché San Marco “non faccia mancare a coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nella sfera civile” il coraggio, la costanza e la dedizione “necessarie” per svolgere il loro compito di servizio al bene comune: “li aiuti – ha detto – ad individuare con chiarezza gli obiettivi prioritari verso cui tendere e le vie più idonee a realizzarli”. Per i cittadini ha auspicato che sappiano “gioire del bene possibile”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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