Nella capitale belga, segnata dalle bombe all’aeroporto e al metro, un Triduo vissuto con particolare intensità . Secolarismo e ateismo hanno preso il largo; i cristiani sono una minoranza “consapevole e serena”, animata dallo spirito della missione. Il valore del dialogo interreligioso. Le testimonianze di mons. Bettoni (Migrantes) e padre Barucco (Carmelitani).
Una Pasqua “vissuta in pienezza”, nella quale si sperimenta, dopo l’afflizione e il dolore, “il senso forte della speranza”. La Pasqua di Bruxelles giunge dopo il Calvario degli attentati all’aeroporto di Zaventem e alla metropolitana di Maelbeek. Bombe deflagrate tra la gente comune, con oltre trenta morti e centinaia di feriti. “Sì, queste tragedie, accadute all’inizio della Settimana santa, hanno fatto da sottofondo al Triduo. Forse per questo il senso della resurrezione di Cristo è stato inteso più pienamente. La pietra si leva dal sepolcro e torna la vita”. Monsignor Giambattista Bettoni, delle Missioni cattoliche italiane in Belgio, ha celebrato la messa a San Francesco: “La Chiesa – sottolinea – era piena come non mai”.
Affidamento a Dio. I riti pasquali si sono svolti con regolarità nella capitale belga, benché la presenza rafforzata delle forze dell’ordine trasmettesse quel senso di timore e di preoccupazione nella quale precipita una città colpita dalla violenza dei terroristi. Proseguono in diversi quartieri – e in altre città del Paese – le indagini della polizia; le misure di sicurezza vengono rafforzate in vista della riapertura di scuole, aziende e centri commerciali. Proprio a Pasqua qualche centinaio di hooligan neonazisti ha manifestato contro gli immigrati nella piazza della Borsa, alle spalle della Grand Place. “Hanno violato – spiega mons. Bettoni – il luogo-simbolo del silenzio e del raccoglimento” dopo il “martirio” subito dalla città.
“Ma io vedo soprattutto gente che non vuole lasciarsi intimorire”.
Alla messa dell’Ultima cena il sacerdote era alla Chapelle de la Résurrection, luogo di culto della chiesa cattolica nel cuore del quartiere europeo, con una speciale vocazione ecumenica. “Si è avvertito nitidamente – afferma il sacerdote della diocesi di Bergamo – il senso dell’affidamento a Dio e del dialogo tra le fedi, dei quali abbiamo bisogno”.
Il ruolo delle fedi. Per molte persone le vacanze pasquali hanno anche offerto la possibilità “di trascorrere più tempo in famiglia”; e chi, di altra nazionalità, è a Bruxelles per ragioni di lavoro “non ha mancato di tornare nel proprio Paese per stare in famiglia. Sì, in questo momento si è sentito il bisogno della pace familiare”. Con Bettoni ampliamo il discorso. I cattolici sono una minoranza nel Paese e, più in generale, il senso religioso lascia spazio alla secolarizzazione, se non all’ateismo diffuso. Quale il valore della presenza credente in città?“Ci si rende conto di essere minoranza. Con un’accettazione consapevole e serena. Detto questo, la fede cristiana è vissuta con una forte speranza nel cuore, nel segno dell’evangelo e della missionarietà”.E quali messaggi giungono in questa fase dall’arcivescovo Jozef De Kesel e dalla diocesi? “Mi pare che il messaggio sia ancora questo. Preghiera, fiducia, dialogo, apertura”. La chiesa di Bruxelles non intende rimanere nel sepolcro. E la comunità musulmana, così ampia e radicata? “Certo è una comunità che si sente additata, sotto controllo. Eppure la stragrande maggioranza è fatta di fedeli che vivono normalmente la vita e la fede, e sono a loro volta vittime di questa violenza e del sospetto” generati dal terrorismo. Ora arriva il momento di tornare alla vita feriale, i ragazzi tornano tra i banchi, riaprono uffici e negozi… “C’è un senso di incertezza. Ma si va avanti. È la vita di ogni giorno, la nostra vita”.
Il sangue dell’Agnello. “Mi sembra che la vera festa sia stata vivere questi giorni di passione, morte e resurrezione di Gesù, con un pensiero e una preghiera rivolti alle vittime degli attentati, ai feriti, alle famiglie nel dolore. Ciò ha permesso a noi di rinnovare la coscienza della profondità della grazia che viviamo a Pasqua, ogni anno”. Padre Ermanno Barucco, bresciano, è il priore della comunità dei Carmelitani scalzi a Bruxelles e insegna Teologia morale all’Istituto di studi teologici dei Gesuiti, nella capitale. Il convento e la chiesa dei Carmelitani danno sull’avenue de la Toison d’Or, a due passi dal Tribunale e a metà strada tra il centro città e il quartiere europeo. Anch’egli descrive una Pasqua particolarmente intensa: “Abbiamo vissuto una grazia piena di dolore e la speranza della resurrezione, pur nella ‘normalità’ vera e profonda di ciò che abbiamo celebrato e vissuto. La quotidianità è stata ferita – osserva –, ma la quotidianità della Pasqua ridona speranza e guarisce”. Padre Ermanno ricorda i momenti di angoscia e la preghiera seguiti alle notizie del 22 marzo. Parla dell’immagine di una vetrata della chiesa che raffigura l’Agnello di Dio, “color sangue, con l’Agnello che regge una croce”.Viene alla mente “il sangue versato nei tragici delitti” dei giorni scorsi. Eppure l’Agnello tiene la croce anche come vessillo di vittoria sulla morte, è il risorto”. Così la Pasqua a Bruxelles è “speranza nella vittoria della vita sulla morte e sul male”.
Redazione Papaboys (Fonte agensir.it)