La liturgia, che ricorda la morte di Cristo, si apre con la prostrazione del Pontefice sotto i gradini del presbiterio.
(di Tiziana Campisi) Papa Francesco, a causa della pandemia, ha presieduto la celebrazione della Passione del Signore all’altare della Cattedra della Basilica Vaticana con circa 200 fedeli.
Nell’omelia, il cardinale Cantalamessa, parla della fraternità e delle divisioni nella Chiesa Cattolica, che vanno sanate cominciando da sé stessi e coltivando l’unità.
“Dobbiamo imparare dal Vangelo e dall’esempio di Gesú – dice il porporato -. Intorno a lui esisteva una forte polarizzazione politica. Esistevano quattro partiti: i Farisei, i Sadducei, gli Erodiani e gli Zeloti. Gesú non si schierò con nessuno di essi e resistette energicamente al tentativo di trascinarlo da una parte o dall’altra”. Padre Cantalamessa aggiunge che “la primitiva comunità cristiana” ha seguito fedelmente Gesù in tale strada e che “questo è un esempio soprattutto per i pastori che devono essere pastori di tutto il gregge, non di una sola parte di esso”. “Sono essi perciò i primi a dover fare un serio esame di coscienza – prosegue il predicatore della Casa Pontificia – e chiedersi dove stanno portando il proprio gregge: se dalla propria parte o dalla parte di Gesù”. Quindi il porporato ricorda: “Il Concilio Vaticano II affida soprattutto ai laici il compito di tradurre le indicazioni sociali, economiche e politiche del Vangelo – e ci sono nel Vangelo! – in scelte anche diverse, purché sempre rispettose degli altri e pacifiche”.
La Chiesa Cattolica deve coltivare l’unità “a beneficio di tutte le Chiese, rimarca, inoltre, padre Cantalamessa, osservando che il recente viaggio del Papa in Iraq “ci ha fatto toccare con mano cosa significa, per chi è oppresso o reduce da guerre e persecuzione, sentirsi parte di un corpo universale, con qualcuno che può far udire il tuo grido al resto del mondo e fare rinascere la speranza”. In quella visita apostolica, per il predicatore della Casa Pontificia “ancora una volta si è realizzato il mandato di Cristo a Pietro: ‘Conferma i tuoi fratelli’”.
Francesco presiede la celebrazione nella Basilica di San Pietro, ancora una volta, a causa della pandemia di Covid-19, come lo scorso anno, all’altare della Cattedra, con la partecipazione di diversi cardinali e di circa 200 fedeli. La liturgia, che ricorda la morte di Cristo, si apre con la prostrazione del Pontefice sotto i gradini del presbiterio. Dopo le letture, l’omelia di padre Cantalamessa e la Preghiera Universale segue l’ostensione della Croce, cadenzata, per tre volte, dal canto “Ecce lignum”. Quindi la Croce viene adorata, baciata soltanto dal Papa, nel rispetto delle norme sanitarie, e posta davanti all’assemblea raccolta in preghiera.
Il predicatore della Casa Pontificia inizia la sua omelia prendendo spunto dall’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti, idealmente indirizzata all’umanità intera e che “ha rimesso in luce le tante ferite” nel mondo di oggi contro la fraternità, indicando alcune vie “per giungere a una vera e giusta fraternità umana”. Ma precisa, poi, che la Pasqua ha conferito un senso nuovo alla fraternità. “Cristo diventa ‘il primogenito tra molti fratelli’. I discepoli diventano fratelli in senso nuovo e profondissimo – rileva il religioso cappuccino – condividono non solo l’insegnamento di Gesú, ma anche il suo Spirito, la sua vita nuova di risorto”. Il porporato evidenzia, poi, che “solo dopo la sua risurrezione, per la prima volta, Gesú chiama i suoi discepoli direttamente ‘fratelli’”. A Maria di Magdala, giunta al suo sepolcro nel giorno dopo il sabato, di buon mattino, dice infatti: “Va’ dai miei fratelli e di’ loro: ‘Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’”. E allora, dopo la Pasqua, il termine fratello “indica il fratello di fede, membro della comunità cristiana”, continua il cardinale Cantalamessa, per cui siamo “fratelli ‘di sangue’”, “ma del sangue di Cristo!”, e “siamo fratelli non solo a titolo di creazione, ma anche di redenzione non solo perché abbiamo tutti lo stesso Padre, ma perché abbiamo tutti lo stesso fratello, Cristo, che è ‘primogenito tra molti fratelli’”.
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Consapevoli di essere fratelli in Cristo, oggi siamo chiamati a costruire la fraternità “cominciando da vicino, artigianalmente”, “da noi, non con grandi schemi, con traguardi ambiziosi e astratti”, suggerisce il predicatore della Casa Pontificia” e “questo significa che la fraternità universale comincia, per noi, con la fraternità nella Chiesa Cattolica”. E invece, sottolinea il porporato “la fraternità cattolica è ferita! La tunica di Cristo è stata fatta a pezzi dalle divisioni tra le Chiese; ma – quel che non è meno grave – ogni pezzo della tunica è spesso suddiviso, a sua volta, in altri pezzi”. Questo vale per l’elemento umano della tunica di Cristo, specifica padre Cantalamessa, “perché la vera tunica di Cristo, il suo corpo mistico animato dallo Spirito Santo, nessuno la potrà mai lacerare”. “Agli occhi di Dio, la Chiesa è ‘una, santa cattolica e apostolica’, e tale rimarrà fino alla fine del mondo – spiega il porporato -. Questo, tuttavia, non scusa le nostre divisioni, ma le rende più colpevoli e deve spingerci con più forza a risanarle”.
Non manca, neanche quest’anno, nella Preghiera Universale, l’invocazione per i tribolati nel tempo della pandemia, per i quali Francesco implora Dio dicendo: “Allevia il dolore dei malati, da’ forza a chi si prende cura di loro, accogli nella tua pace coloro che sono morti e, per tutto il tempo di questa tribolazione, fa’ che ciascuno trovi conforto nella tua misericordia”. E un’ulteriore preghiera è per quanti sono nella prova, perché Dio “purifichi il mondo dagli errori, allontani le malattie, vinca la fame, renda la libertà ai prigionieri, spezzi le catene, conceda sicurezza a chi viaggia, il ritorno ai lontani da casa, la salute agli ammalati e ai morenti la salvezza eterna”.
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