In tensione già da mesi, l’ultima doccia fredda sul fronte dei prezzi è arrivata dai nuovi aumenti annunciati all’inizio di quest’anno dalle grandi marche del piatto principe del made in Italy.
Sembrava che non sarebbe accaduto, che gli aumenti delle materie prime, dei semilavorati e dell’energia elettrica che da qualche mese avevano cominciato a interessare le aziende si sarebbero risolti in poco tempo.
Gli imprenditori lamentavano la mancanza di materiali nelle industrie edili, della meccanica, della plastica e aumenti esorbitanti ma, tutto, sembrava destinato a finire nel giro di pochi mesi, giusto il tempo di trovare un equilibrio tra domanda, offerta e produzione.
Non è andata così e la schizofrenia dei mercati internazionali è arrivata, com’era invece prevedibile per i più attenti, a produrre effetti negativi direttamente davanti alla porta delle nostre case. Prima con l’aumento delle bollette del gas e dell’energia elettrica, ora con il rincaro dei prodotti che mettiamo nel carrello della spesa.
Uno dei primi segnali di allarme è arrivato dalla pasta e dai derivati della farina il cui costo di produzione è raddoppiato, fino a raggiungere un +60%. Aumenti per i pastifici troppo alti per non venire presi in considerazione: i produttori hanno presentato subito i listini con i nuovi prezzi.
Sembra scontato: ci saranno aumenti medi generalizzati, non una fotocopia dell’aumento dei costi ma solo perché le aziende dovranno valutare anche di non rischiare di perdere quote di mercato. Il recupero dei costi sostenuti sarà ripartito tra aziende produttrici, distribuzione e ovviamente consumatori.
«La grande distribuzione – spiega Valter Geri, presidente del Consorzio Conad – ha previsto che ci saranno effetti anche sui consumi.
Con l’aumento delle prime bollette ci sarà una riduzione della spesa: tutti ci siamo mossi per calmierare gli aumenti proponendo dei pacchetti di prodotti di prima necessità con il prezzo bloccato. Stiamo cercando di assorbire una parte degli aumenti dei nostri fornitori».
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