Mar Sako giudica “positivo” l’accordo di Parigi, ma avverte che ogni azione deve essere sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il capo della Chiesa caldea sottolinea che “bombardare non è una soluzione” e auspica il sostegno di Paesi arabi che “conoscono” la regione. Egli chiede di sostenere il nuovo governo irakeno, anche se “ci vuole tempo per una vera riconciliazione”.
L’accordo raggiunto a Parigi “è un fatto positivo”, anche se “ogni azione” sul campo “deve essere promossa dalle Nazioni Unite, non da un Paese solo”. Inoltre, va anche aggiunto che “bombardare non è una soluzione”, perché gli ordigni sganciati durante i raid aerei finiscono per uccidere “persone innocenti”. Con queste parole Mar Louis Raphael I Sako, Patriarca caldeo d’Iraq, commenta ad AsiaNews l’accordo alla Conferenza di Parigi, che garantisce il via libera agli aiuti militari all’Iraq da parte dei Paesi della coalizione nella lotta contro le milizie dello Stato islamico (SI). Durante la sessione dei lavori, il presidente Francois Hollande ha sottolineato che i combattenti jihadisti costituiscono una “minaccia globale” e per questo è necessario armare e sostenere Baghdad “con tutti i mezzi necessari”.
Il documento finale della Conferenza internazionale per la pace e la sicurezza in Iraq, presieduta da Hollande e dall’omologo iracheno Fouad Massoum è stato approvato da una coalizione di 25 Stati. Esso invoca una “azione determinata” contro il Daesh (soprannome arabo dello SI). È necessario un migliore coordinamento dei servizi di sicurezza e una maggiore sorveglianza delle frontiere. Al vertice non erano presenti Iran e Siria, nazione in lotta contro le milizie islamiste che hanno occupato una porzione di territorio siriano e irakeno, in particolare nel nord e nel nord-est.
Di contro, nella capitale francese era invece presente la Russia che, per bocca del ministro degli Esteri Serghei Lavrov, ha detto di essere pronta a “partecipare all’elaborazione di misure supplementari per la lotta contro il terrorismo”. Nei giorni scorsi il Cremlino è intervenuta a più riprese contro possibili raid aerei Usa in Siria senza il benestare del presidente Bashar al-Assad, alleato di Mosca. Lavrov ha inoltre ricordato che in tema di terrorismo è auspicabile una discussione più ampia in sede di Consiglio di Sicurezza Onu, per dar vita a una risposta globale sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Una posizione che trova favorevole il Patriarca di Baghdad, in questi giorni impegnato in una serie di conferenze in Europa, secondo cui è auspicabile un “mandato Onu”, non l’iniziativa di un solo Paese o di un gruppo di nazioni. Inoltre è altrettanto importante la partecipazione dei Paesi arabi, perché essi “conoscono la lingua, la mentalità e la geografia” della regione. “L’azione nel suo complesso – avverte Mar Sako – deve partire da un mandato esplicito dell’Onu”. Tuttavia, il capo della Chiesa caldea considera positiva l’azione comune dei 30 e sottolinea il lavoro del presidente francese, che proprio di recente ha visitato l’Iraq dando “un segnale di incoraggiamento ai profughi” e, in particolare, “i cristiani”. Il presidente ha detto che si può “contare sulla Francia”, e “questo sostegno è molto positivo”, secondo Mar Sako.
Il Patriarca di Baghdad è fiducioso anche per la formazione del nuovo governo, anche se avverte che “ci vuole tempo per una vera riconciliazione e tutti devono essere veri partner, non creare muri”. La volontà “c’è”, conferma, ma “servono anche fatti concreti”. Da ultimo Louis Sako rivolge un pensiero alle centinaia di migliaia di profughi, “non solo i cristiani, ma tutte le minoranze, i sunniti, gli sciiti” che “devono essere protetti dalla comunità internazionale”. Fra i molti problemi immediati vi è anche quello che riguarda l’inizio dell’anno scolastico: “La maggior parte – racconta – studia in lingua araba, mentre in Kurdistan si parla il curdo e non vi sono scuole per tutti”. E poi vi è il problema degli alloggi, perché le persone “hanno bisogno di un tetto e non possono stare nelle tendopoli”, in vista dell’inverno. Infine serve “rinforzare l’esercito irakeno e le milizie peshmerga curde, perché siano in grado di proteggere la gente” dalla minaccia islamista.
A cura di Redazione Papaboys. Fonte: Asianews