“La condanna in sé non è abbastanza, bisogna cominciare a porre in atto i rimedi: partendo dal bloccare le risorse [finanziare] all’estremismo e al terrorismo; e smantellare questa terribile cultura, i suoi teorici e i sostenitori, dando vita a una nuova cultura, aperta e positiva, che rispetta le diversità e le visioni differenti”. È quanto ha sottolineato Sua Beatitudine Mar Louis Raphael I Sako, intervenendo ad un simposio organizzato nel fine settimana a Baghdad, nel contesto della “Settimana dell’armonia fra religioni diverse”. Per il patriarca caldeo è necessario “cambiare” il programma di insegnamento della storia e della religione, nelle scuole e non solo, valorizzando l’elemento “positivo” e l’importanza del “rispetto” che è contenuto all’interno di ciascuna fede. “Dobbiamo essere uniti – avverte – e fare qualcosa prima che sia troppo tardi”.
Al simposio incentrato sull’Armonia fra religioni (nella foto), nel contesto della settimana dedicata alla coesistenza fra fedi diverse che si è tenuto il 31 gennaio a Baghdad, hanno partecipato fra gli altri il presidente della Repubblica Fouad Massoum e il Primo Ministro Haider al-Abadi. Altre personalità presenti all’incontro il presidente del Parlamento irakeno Salim al-Joubour, deputati, ministri di governo, ambasciatori e leader religiosi cristiani, musulmani yazidi e sabei.
Parole di “riconciliazione” e “indissolubilità” sono state espresse anche dal presidente irakeno, dal premier Abadi e dal presidente della Camera; dai massimi vertici della politica e delle istituzioni del Paese viene dunque rilanciato il compito di “proteggere l’unità nazionale” e assicurare condizioni di vita dignitose per “tutto il popolo d’Iraq”.
Nel suo intervento Mar Sako ha parlato contro quanti sfruttano la religione per “finalità criminali e terroristiche”; si tratta di azioni violente e “dobbiamo smettere di dire che sono fatte in nome di Dio”, perché egli dice che “non dobbiamo uccidere, non dobbiamo rubare, non dobbiamo…”. Le religioni, avverte, sono le vere “vittime”, perché “stanno morendo” cristiani, musulmani sabei yazidi arabi, curdi. Per il patriarca caldeo è tempo di “respingere” la cultura della morte, mettere fine a conflitti e disaccordi, diventare promotori di una vera riconciliazione che “possa salvare il Paese e il suo popolo” da uccisioni, migrazioni, ruberie di beni personali e distruzione di infrastrutture.
Intanto fonti di Ankawa.com a Mosul, roccaforte dello Stato islamico, riferiscono che i miliziani hanno aperto uno “speciale mercato”, nel quale vengono messi in vendita “beni e oggetti appartenenti ai cristiani”, abbandonati durante la fuga e finiti nelle mani dei terroristi. Gli oggetti sarebbero stati presi all’interno delle abitazioni, ora occupate da famiglie musulmane; fra gli altri vi sarebbero anche beni e oggetti sacri derubati dalle chiese della città. Testimoni, dietro anonimato, aggiungono che il mercato si chiama “Spoils of Nasara”, il bottino dei cristiani, e conterrebbe televisori, frigoriferi, apparecchi elettrici e altri oggetti di largo consumo.
Infine, secondo una stima delle Nazioni Unite i combattimenti e le violenze in Iraq – nel solo mese di gennaio appena concluso – hanno causato la morte di almeno 1.375 persone, di cui 790 sono civili e 585 membri della sicurezza irakena. Attentati, esplosioni, omicidi mirati e assalti hanno portato al ferimento di altre 2.240 persone, anche in questo caso in prevalenza civili.
Fonti Onu avvertono però che il numero delle vittime potrebbe essere anche di molto maggiore, poiché il conflitto in corso fra forze di sicurezza irakene e Stato islamico impedisce una verifica esatta delle cifre, in particolare nei territori controllati dai jihadisti come Mosul. di Joseph Mahmoud per Asianews
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