Per il Patriarca caldeo il tempo di avvicinamento alla Pasqua è “appropriato per fare penitenza, convertirsi e riconciliarsi” con Dio e gli altri. Egli ricorda le condizioni difficili degli sfollati, in fuga da Mosul e dai villaggi della piana di Ninive per le violenze dello Stato islamico. Sua beatitudine invita a “promuovere la fratellanza”, dando “priorità al perdono” e astenendosi da “gesti di fanatismo”. Infine, egli chiede di “amare il Paese” come un padre o una madre e “amare la Chiesa” in questo periodo di forte rinnovamento.
Ecco, di seguito, il messaggio inviato dal Patriarca caldeo ad AsiaNews:
Abbiamo iniziato il nostro periodo di Quaresima, un tempo appropriato per fare penitenza, convertirsi e riconciliarsi con se stessi, con il Signore e con gli altri. Approfittiamo di questo periodo privilegiato per la preghiera, la riflessione, l’auto-analisi, il giudizio, e anche per riportare l’armonia fra noi, perché le divisioni sono un peccato terribile. In quanto persone responsabili, noi dobbiamo rispondere di tutto ciò che diciamo e di tutto quello che facciamo.
Vi esorto a digiunare per quanto vi è possibile; ad esempio, la prima settimana, in quella di mezzo e nel corso dell’ultima settimana di Quaresima. Al tempo stesso, invito anche i nostri amici musulmani, fratelli e sorelle, a digiunare con noi per qualche giorno.
Per raggiungere la pace e la stabilità e garantire una vita degna a tutti i cittadini il prima possibile non solo nel nostro Paese [l’Iraq], ma in tutto il Medio oriente. Le condizioni di vita nel nostro Paese oggigiorno sono molto difficili, in special modo per le famiglie di sfollati.
È necessario promuovere la fratellanza, la cooperazione e la coesistenza costruendo buone relazioni fra tutti noi, e dando priorità al perdono, alla riconciliazione e al bene comune, astenendoci al tempo stesso dal commettere gesti di fanatismo e perpetrare conflitti che creano malessere.
Bisogna diffondere valori morali e ideali quali l’onestà, il sacrificio e l’aiuto di quanti sono in difficoltà, “Un fratello che aiuta un altro fratello è come una città fortificata” (Proverbi 18:19).
Dobbiamo anche amare il nostro Paese come amiamo il nostro padre e la nostra madre. Il senso di appartenenza alla nostra terra è molto importante, perché la nostra identità dipende proprio da questo. Dobbiamo rinnovare il nostro impegno, e rafforzare la nostra unità nella diversità piuttosto che alimentare le divisioni confessionali. La diversità è un piano divino. Ma molte cose comuni ci uniscono.
E amare la nostra Chiesa e partecipare in modo intenso al suo rinnovamento. Tornare alle sue fonti più pure e ricostruire la sua unità, di modo che possa essere una autorità spirituale, culturale e morale, al fine di adempiere alla propria vocazione e alla sua missione nella società. Per questo dobbiamo consolidare la nostra presenza cristiana in Iraq e in Medio oriente. Noi, in quanto cristiani, siamo testimoni di speranza, siamo portatori di una storia, di una civiltà, e di un messaggio.
Siamo passati attraverso situazioni ben più dure di quelle attuali; solo per ricordarne una, i massacri di Safarberlik di un secolo fa. Per questo dobbiamo tenere duro e non mollare, rinnovando la nostra fiducia nel futuro.
* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena.
Fonte. AsiaNews
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