R. – Apprezziamo tanto il messaggio del Sinodo, stiamo seguendo ciò che avviene ai nostri cristiani sia in Iraq, sia in Siria. Abbiamo la fiducia che il Signore li aiuterà; per il momento la situazione è molto grave: prima di tutto i profughi della Piana di Ninive, come quelli di Mosul, che già da quattro mesi sono fuori dalle loro case; sono in Kurdistan e non sanno cosa fare, dove andranno, come passeranno l’inverno e dove mandare i bambini a scuola. Questo per noi è un dramma, un’ecatombe caduta su di noi. D’altro canto, anche dalla Siria le notizie non sono buone: l’espansione dell’Is – lo Stato Islamico – ci fa molta paura, non sappiamo cosa avverrà anche con i cristiani del Nord-Est della Siria, che sono assediati – infatti, questa espansione arriva fino ai confini con la Turchia, vuol dire che hanno assediato i nostri territori – abbiamo una vasta comunità di cristiani nella diocesi di Hassakè-Nisibi, ovvero la parte Nord-Est della Siria.
D. – Quali le condizioni delle famiglie costrette a fuggire: riescono a rimanere unite?
R. – Le nostre famiglie adesso non sanno cosa fare, dove andare, c’è un gran rischio che si dividano perché non tutti potranno emigrare. Non sappiamo cosa fare: aiutare queste famiglie a emigrare, aiutarle materialmente per i loro bisogni primari… È una cosa veramente tremenda ciò che adesso noi stiamo attraversando; e c’è grande indifferenza perché – si sa – ci sono altri problemi che interessano l’Occidente e non possiamo fare di più per destare interesse o per richiamare l’attenzione dei governanti, di coloro che hanno parola sulla scena internazionale, e intervenire veramente. Per esempio, per l’Is: se ne parla come se fosse un profumo. Adesso sta minacciando la città di Kobane. Noi qui abbiamo un genocidio: prima di tutto, nei confronti dei cristiani – da quattro mesi a Mosul e nella Piana di Ninive – poi verso le altre minoranze, come gli yazidi e altri; e questo accade sotto l’indifferenza, quasi, universale.
D. – Al tema del Medio Oriente sarà dedicato il prossimo Concistoro del 20 ottobre prossimo. C’è un appello che lei si sente di levare?
R. – Noi Patriarchi del Medio Oriente ringraziamo prima di tutto il Santo Padre per la sua sollecitudine. Sicuramente, ci saranno discussioni molto importanti sulla nostra situazione, per la sorte di tutti i cristiani del Medio Oriente, perché questo fanatismo, questo radicalismo che si espande – con il placet, o con l’indifferenza dei potenti – ci fa molta paura.
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