Continua la situazione tragica in Siria. Secondo fonti dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, i miliziani del Fronte al-Nusra legato ad al-Qaeda hanno conquistato la città di Ariha nella provincia di Idlib, nel nordovest della Siria. Ariha dove vivevano 40 mila persone prima dell’ inizio del conflitto nel 2011, era l’ultima città in mano al regime di Damasco al confine con la Turchia. E anche per i cristiani la vita nel Paese diventa sempre più difficile. Ascoltiamo la testimonianza del patriarca della Chiesa siro-cattolica, Ignace Youssif III Younan, al microfono di Marina Tomarro:
R. – Iraq e Siria sono Paesi che soffrono una ecatombe molto grave. Questi due Paesi sono sicuramente in uno stato molto critico perché c’è la complessità di confessioni, di etnie. E allora, i potenti hanno sfruttato queste divergenze per mettere l’uno contro l’altro nel nome del cosiddetto sistema democratico basato sul modello occidentale. Era tutta una bugia però. In Siria, c’è una situazione molto tragica. L’Is vuole imporre la suareligione, la sua “sharia”, in Paesi che erano piuttosto orientati verso un sistema laico come poteva esserlo in quella regione del Medio Oriente.
D. – Ancora crudeli sono le persecuzioni contro i cristiani. Come vivono?
R. – Da dieci mesi, i cristiani in Iraq sono stati cacciati da Mosul e dalla piana di Ninive, vicino a Mosul. Abbiamo almeno 150 mila cristiani che sono la più grande concentrazione in quel Paese, e che adesso sono profughi. Ancora vivono in carovane, in case non finite, in condizioni molto precarie umanamente. Non si sa se loro potranno tornare a casa o no. La sfida da affrontare è come possiamo convincerli a rimanere radicati nei Paesi dei loro antenati. Poi, in Siria, da più di quattro anni c’è questa guerra civile di cui noi patriarchi avevamo già previsto tutte queste conseguenze orribili. Già quattro anni fa abbiamo detto: “Per favore, badate a non confondere questi Paesi con i vostri Paesi occidentali. Per favore, aiutateci affinché le parti in conflitto possano ritrovarsi e cercare un dialogo di riconciliazione per un futuro migliore per tutti”. Ma questo non è stato mai fatto. E’ vero che il sistema non era democratico come in Occidente, però non si possono avere sistemi democratici in Medio Oriente finché noi separiamo religione e Stato. Quindi, bisogna andare al fondo del problema e dire a questa gente di separare la religione dagli aspetti socio-politici di un Paese affinché tutti potranno sentirsi in sicurezza. Questo è il fondo del problema.
D. – La comunità internazionale in che modo dovrebbe intervenire, secondo lei?
R. – Penso che per questo caos che si è creato in Medio Oriente, la comunità internazionale dovrebbe mettersi al lavoro e dire: “Questi popoli stanno soffrendo, cosa possiamo fare per loro? Dobbiamo dire loro: guardate, siete nel 21.mo secolo, voi monarchi del Golfo e voi dei Paesi del vicino Oriente, come l’Iraq, la Siria, l’Egitto, dovete pensare a riformare il vostro sistema politico per far sentire tutti veri cittadini e noi siamo qui per aiutarvi”.
D. – La caduta di Palmira cosa ha causato?
R. – E’ una sconfitta per tutta la civiltà odierna. Nel 21.mo secolo si lascia distruggere tutto da queste bande di terroristi che non rispettano la civilizzazione. Palmira è un gioiello di civiltà in mezzo al deserto. E quindi è una sconfitta per tutti.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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