È stata revocata oggi la libertà su cauzione al cardinale George Pell, dichiarato colpevole da una giuria di abusi sessuali su due coristi di 13 anni quando era arcivescovo di Melbourne verso la fine degli anni ’90. Lo ha stabilito la County Court di Melbourne, a conclusione di un udienza pre-sentenza di condanna dove i legali delle due parti hanno presentato le argomentazioni conclusive. Da stanotte Pell sarà detenuto nella Assessment Prison di Melbourne, in attesa della sentenza prevista per il 13 marzo.
Durante l’udienza di oggi è stato confermato che i cinque reati di cui il cardinale è stato dichiarato colpevole comportano un condanna massima di 10 anni ciascuno. A Pell era stata accordata la libertà su cauzione, dopo la sua incriminazione lo scorso dicembre, perché richiedeva un intervento chirurgico alle ginocchia.
Intanto il padre di uno dei due coristi di 13 anni aggrediti sessualmente nel 1996 dal cardinale George Pell quando era arcivescovo di Melbourne sta intentando causa di risarcimento sia contro il prelato che contro la Chiesa cattolica, dopo la morte del figlio per overdose di eroina nel 2014. Lo studio legale Shine Lawyers, che lo rappresenta, riferisce che il padre della vittima, che non può essere identificato per legge, ha deciso di farsi avanti dopo il verdetto di colpevolezza. Egli sostiene che il figlio abbia sofferto di stress post-traumatico a causa degli abusi subiti.
Morto a 31 anni, non aveva mai parlato con i genitori degli abusi subiti, ma il padre ritiene che sia stato per questo che si sia affidato alla droga. «È molto comune che i sopravvissuti agli abusi sessuali ricorrano alle droghe nel tentativo di offuscare il dolore», ha detto ai media la legale di Shine, Lisa Flynn che si occupa del caso, aggiungendo che il suo cliente sosterrà che Pell «ha le mani sporche di sangue». «È terrorizzante per loro farsi avanti. Una delle buone cose che sono venute dal verdetto di colpevolezza è che mostra alle persone che non importa quanto una persona sia potente e importante, può sempre essere chiamata a rendere conto delle proprie azioni. Di più si comincerà a parlare di queste cose, più al sicuro saranno i nostri bambini». L’altro dei due uomini, che anche non può essere identificata, in un comunicato tramite il suo legale dice di aver sofferto «vergogna, solitudine, depressione e conflitti interni» per effetto degli abusi. Ha aggiunto che ci sono voluti anni per comprendere l’impatto che l’aggressione ha avuto sulla sua vita e ha implorato di rispettare il suo anonimato e la sua privacy.
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