Ci sono dei viaggi che si trasformano in cammini. Strade che schiudono nuovi orizzonti. Compagni di viaggio che si rivelano amici per la vita, con i quali condividere la gioia della quotidianità (e la buona musica). Ed è esattamente questo che è successo dal 2 al 10 aprile: 190 persone, dall’età media di 34 anni, sono partite in pellegrinaggio per ascoltare quello che la Terra Santa aveva loro da dire. Si sono messe in cammino con il cuore aperto, accettando l’invito del gruppo rock The Sun.
La band, diventata una realtà di riferimento per molti giovani dopo la propria conversione al cristianesimo, non è nuova a iniziative di questo genere: nel 2014 aveva organizzato un primo pellegrinaggio in Terra Santa. Ora, a distanza di due anni, in collaborazione con il Patriarcato latino, è tornata a proporre l’esperienza al motto di «Un invito e poi un viaggio».
Stavolta però la riuscita era tutt’altro che scontata. Tra il 2013 e il 2016 lo scenario internazionale è diventato incandescente, alimentando la fobia di attentati. A sua volta il cambio sfavorevole del dollaro ha innalzato i prezzi rendendo i viaggi in Terra Santa più onerosi. Eppure quasi in 200 hanno accettato di partire: un numero notevole, che ha fatto parlare i media e spinto Tv2000 a realizzarne un film documentario.
I SEGNI PRIMA DEL VIAGGIO
«Una volta saputo di questo viaggio mi sono capitati una serie di fatti, come dei segni, che mi spingevano a partire», è la spiegazione data da quasi tutti i pellegrini. Qualcuno ha sentito parlare dell’iniziativa da un amico o un parente, come nel caso della giovane Francesca D’Orazio: «Mio cugino era entusiasta del viaggio fatto nel 2014 con i The Sun: il suo racconto è stato il primo “seme” del desiderio di partire».
Altri ancora avevano alle spalle l’esperienza di Medjugorje che li ha spinti ad andare a fondo nel proprio percorso di fede, recandosi in quei luoghi dove la presenza di Dio è particolarmente presente. «A Medjugorje mi sono convertita. Ma è in Terra Santa che mi sono sentita amata», racconta la bresciana Isabella Genevini. Molte anche le famiglie, giovani, presenti. «Sono venuta in Terra Santa con mia figlia adolescente perché mi hanno diagnosticato un tumore: desidero prepararla alla mia possibile scomparsa. Voglio che sia pronta, voglio spiegarle quel che conta davvero nella vita. La Terra Santa è una sorta di eredità spirituale, che la potrà aiutare nei momenti difficili», racconta una madre che preferisce rimanere anonima.
Tra i presenti, anche il sottosegretario all’ambiente Barbara Degani, i cui genitori hanno deciso di festeggiare i 50 anni di matrimonio in Terra Santa. «Li festeggeremo insieme alla famiglia allargata dei The Sun», spiega la coppia 70enne. Ad accettare l’invito è stata dunque una platea di credenti (e non) dalle esperienze profondamente differenti, non riconducibili a un bacino parrocchiale o a un movimento religioso. Il collante, semmai, è stata la musica: con le sue canzoni, la band veneta è riuscita a infondere fiducia e coraggio negli animi dei fan che li ha portati a vivere l’invito per Terra Santa come una chiamata personale.
FAN CLUB IN PRIMA LINEA
Quest’anno il pellegrinaggio è stato curato dal fan club del gruppo, ossia l’Officina del sole: una “famiglia”, come ama chiamarla il presidente Matteo Folezzani, nata nel 2014 con l’obiettivo di dare vita a una rete di amicizie e rapporti basati sulla fede. «Il nostro compito sono le relazioni: come dei contadini, ci prendiamo cura di quei semi che la band lancia durante i concerti. Ed è questa rete di rapporti, intessuta dall’Officina, che ha reso possibile l’alta adesione al viaggio». Fra l’altro i membri del direttivo, tutti under 30, si sono conosciuti proprio durante il pellegrinaggio del 2014.
Ma cosa hanno trovato, in Terra Santa, i 190 fan dei The Sun? Di certo, ben più di un autografo. Sebbene infatti la band fosse attivamente presente e il viaggio si sia concluso con il loro concerto a Beit Jala, il pellegrinaggio è stato pensato e vissuto come un ritiro spirituale, guidato dal vescovo di Palestrina Domenico Sigalini. Con lui anche molti preti, tra cui don Mario Cornioli, don Tony Drazza e don Samuele Battistella. Alla fine, proprio le loro quotidiane catechesi e omelie sono tra i doni che i partecipanti hanno portato con sé, a casa. «Ho perso mia mamma quando ero ancora molto giovane. Ricordo che, proprio in quegli anni dolorosi, un ragazzo mi disse che la mia risata trasmetteva la gioia di vivere. Questa frase mi stupì, interrogandomi profondamente», racconta la trentenne Teresa Taurino. «Per questo mi ha colpito molto la catechesi sul sorriso di Dio. Alla fine sono andata dal sacerdote per ringraziarlo, gli ho raccontato la mia storia e lui mi ha detto che avere il sorriso di Dio è un talento e un compito».
PROVOCAZIONI E SLANCI
Ed è questo, in fondo, che ognuno dei partecipanti ha ricevuto dal pellegrinaggio: una provocazione al proprio cuore. Dai racconti, emerge infatti l’esperienza di un viaggio che ha interpellato profondamente ciascuno, curando ferite, superando equilibri già precari. Come se, attraverso quelle terre, si fosse chiamati a spogliarsi di se stessi. Non a caso i luoghi che hanno maggiormente emozionato sono stati il deserto (Masada e Timna) e il Getsemani. «Vi chiedo di liberarvi dal desiderio di capire tutto nella vita. Impariamo a lasciare a Dio il tempo delle risposte», ha spiegato don Tony Drazza in una delle catechesi. «Toglietevi dalla testa che troverete le risposte qui in Terra Santa: Lui vi darà ciò di cui avete bisogno quando vorrà. Questo è il tempo di abbandonare l’idea poetica del deserto, di svestirsi di se stessi per mettersi d’accordo con il Signore, per dirgli che abbiamo bisogno di Lui. Ma i tempi sono suoi».
Potrà accadere, tornando a casa, che qualcuno di questi 190 pellegrini svii sul proprio cammino o che altri si attardino su piste incerte. Altri ancora andranno invece avanti spediti.Ma tutto questo non toglie il fatto che nel cuore di Israele, tra quelle pietre e il caldo orientale, la libertà di ciascuno si è messa in gioco. E questo finisce sempre per fare la differenza.
IL VIAGGIO
DESERTO E CARITÀ
Dietro a Un invito e poi un viaggio non ci sono solo i The Sun (www.thesun.it) e l’Officina del sole. Un apporto importante è stato dato anche da Alberto Tosi, dell’ufficio pellegrinaggi del Patriarcato di Gerusalemme. Una realtà operativa in Italia dal 2013 il cui obiettivo, come spiega Tosi, è «offrire un’esperienza di contatto e vicinanza con le comunità locali, per sensibilizzare sulla situazione dei cristiani in Oriente». Il Patriarcato ha curato gli aspetti logistici del viaggio. «L’itinerario di Un invito e poi un viaggio si differenzia dai classici pellegrinaggi diocesani», aggiunge Tosi. «Ci siamo infatti spinti fino alla punta estrema sud, per vivere l’esperienza del deserto: Eilat, Timna, e il grande cratere Mitzpe Ramon. Inoltre abbiamo visitato due esperienze di carità: il Caritas baby hospital e l’Hogar nino Dios».
FRANCESCO LORENZI
PREGHIERA E AMICIZIA,IL VIAGGIO ANDAVA CONDIVISO
«La Terra Santa ha cambiato le nostre vite, speriamo succeda anche ad altri», spiega il leader dei The Sun
Cosa spinge una rock band a proporre un pellegrinaggio ai fan?
«Siamo venuti per la prima volta in Terra Santa nel 2011, grazie all’invito di don Mario Cornioli del Patriarcato latino di Gerusalemme. Questo viaggio cambiò la vita di ognuno di noi. Ho sentito quindi la responsabilità di proporlo anche agli altri. Perché, se è vero che Dio è ovunque, resta il fatto che qui è casa sua».
Il taglio scelto è da esercizi spirituali.
«Il pellegrinaggio è come la musica: affinché si creino gli spazi giusti, c’è bisogno di un “sali e scendi”. Bisogna creare il giusto ritmo, quell’andamento che tocca il cuore: solo così può scattare qualcosa e le persone ritrovano se stesse. Il nostro è un viaggio che celebra l’amicizia e l’incontro, ma allo stesso tempo non abbiamo voluto rinunciare a una parte forte della fede: da qui i numerosi momenti di gioia e di condivisione, ma anche di vera preghiera, di profonda introspezione e quotidiana catechesi».
La scelta di invitare il vescovo di Palestrina è un modo per sottolineare la centralità della Chiesa?
«La sua presenza è stata fondamentale: il vescovo dà una direzione. Questo pellegrinaggio è una fotografia della Chiesa: hanno partecipato ragazzi, preti e suore, famiglie, laici consacrati, lavoratori. Ma è il vescovo a dare unità a queste comunioni spirituali».
A guardare i numeri, verrebbe da pensare che siamo davanti a un nuovo movimento religioso…
«No. Però questa che sta nascendo è una realtà figlia del proprio tempo: probabilmente dieci o venti anni fa non sarebbe mai potuta esistere. È come se l’Officina del Sole (l’associazione fondata dai fan dei The Sun, ndr) andasse a mitigare un vuoto presente nella Chiesa, in un momento in cui il messaggio cristiano resta sempre fortissimo e i movimenti religiosi stanno cercando di evolversi».
Cosa ha imparato, a sua volta, dall’esperienza di questi 190 pellegrini?
«Questi ragazzi sono come un’acqua cristallina che irriga il mio cuore, impedendogli di inaridirsi. Vedendoli in azione e ascoltando le loro storie, mi sono reso conto di quanta bellezza è presente nel mondo! Abbiamo bisogno di persone così: sono il buon esempio che dà speranza. Grazie a loro mi sento chiamato a rispondere con tutto me stesso alle chiamate che ricevo». Nella foto: Francesco Lorenzi con don Mario Cornioli e don Danilo Costantino.
Redazione Papaboys (Fonte www.credere.it)