Rettore, qual è stato secondo lei il tratto più rilevante di questi primi sei mesi di Pontificato di Papa Francesco?
“Quando erano i tempi drammatici e per certi aspetti bui della rinuncia di Papa Benedetto XVI espressi un desiderio: che il Papa successore fosse capace di raccogliere il ricchissimo magistero dottrinale di Benedetto XVI e che sapesse comunicarlo al mondo e ai giovani. Credo che questi primi sei mesi di Pontificato hanno raggiunto questo mio desiderio e superato le mie aspettative”.
Che cosa, secondo lei, ha colpito di più la gente?
“Questa istanza di semplicità, trasparenza, immediatezza, a tutti i livelli. Da quello più complesso internazionale, e abbiamo visto la sua posizione sulla Siria, a quello più semplice. Io credo che Papa Francesco stia realizzando una operazione di esorcismo sulla Chiesa, che deve uscire dalla proprie paure e dalle proprie chiusure. La gente ha fiducia e si apre al Lui”.
C’è stato un gesto, un incontro, una parola che in questi mesi le sono rimasti più impressi?
“Il mio incontro con Lui, nel mese di aprile quando ha invitato il personale non docente della Pontificia Lateranense ad una Messa a Santa Marta. Ecco, in quell’occasione ho partecipato ad una messa inedita, senza nessun fronzolo, caratterizzata da una semplicità senza pari. Ho visto il Papa che mi attendeva seduto in sacrestia. Alla fine della cerimonia ho chiesto di poter fare una fotografia ricordo di gruppo e lui ha accettato immediatamente chiedendo di poter salutare prima tutti i partecipanti. Sono rimasto davvero impressionato da tanta semplicità e bontà”.
Che tipo di conseguenze potrà avere in futuro questa modalità di comunicazione?
“Sono convinto che questo stile andrà consolidandosi, siamo solo all’inizio. Presto ci saranno le decisioni importanti per la Chiesa, come la riorganizzazione della Curia romana. Sappiamo che all’inizio di ottobre si terrà un incontro di tre giorni con gli otto cardinali che sono stati scelti come consiglieri e si discuterà delle scelte da attuare. Penso che anche le grandi manovre saranno improntate nel medesimo stile, di esorcismo e di tendenza verso le cose umili”.
La risposta pubblica di Papa Francesco alla lettera di Eugenio Scalfari ha suscitato parecchia sorpresa: quale valore ha dal punto di vista comunicativo?
“La lettera è senza un dubbio un gesto straordinario. Mi ha colpito in particolare un passaggio rilevante, quello in cui il Papa distingue con chiarezza che per i non credenti il punto di riferimento rimane l’obbedienza alla propria coscienza e in questo si stabilisce un dialogo tra atei e credenti. L’agire secondo coscienza tendendo alla verità crea il punto di comunione. Ma la vera novità, l’aspetto inedito del gesto sta soprattutto nel modo in cui le cose vengono dette. Anche il passaggio sulla verità, che non è assoluta ma nella relazione d’amore con gli altri, è molto bello; ma credo di ravvisare una continuità contenutistica con il pensiero di Benedetto XVI. Anche in questo caso è il modo in cui il concetto viene espresso che è nuovo e stimolante”.
Questo volontà di dialogo tra fede e ragione che Papa Francesco esprime con tanta chiarezza, che significato ha per chi, come lei, rappresenta un’istituzione che su questo dialogo fonda la propria missione?
Questo atteggiamento e queste proposte rappresentano una grande sfida per noi accademici della Sua Università. E’ necessario rimettere ordine, bisogna uscire dalle sicurezze cattedratiche e rivolgersi agli studenti con un atteggiamento di accompagnamento a tu per tu”.
Quanti sono oggi gli studenti della Pontificia Università Lateranense, a cui nel 1980 Giovanni Paolo II conferì il titolo speciale di Università del Papa?
“Abbiamo circa quattromila studenti, che provengono da centoventi nazioni e da tutti e cinque i continenti, distribuiti nella quattro Facoltà di Teologia, Filosofia, Diritto Canonico e Diritto Civile/Giurisprudenza, e in due Istituti, Pastorale e Utriusque Iuris”.
Qual è il rapporto tra religiosi e laici?
“Circa il 50% sono laici, anche grazie al fatto che la Facoltà di Diritto Civile rilascia un titolo equipollente a quello rilasciato dalle università italiane in Giurisprudenza”.
Dal suo punto di vista privilegiato di osservazione, che idea si è fatto dei giovani di oggi?
“Il mio è l’occhio del salesiano, tutto dalla loro parte. Credo di poter ravvisare nelle nuove generazioni alcuni aspetti estremamente positivi come una straordinaria capacità relazionale: i ventenni di oggi sono particolarmente aperti al dialogo. Ma scorgo anche delle criticità in particolare nella difficoltà ad assumente decisioni irreversibili, a tenere gli impegni, insomma una incostanza e una fragilità che è lo specchio della società liquida in cui viviamo, in cui sembra che nulla riesca a tenere, a livello di sentimenti, di lavoro, di prospettive”.
INTERVISTA REALIZZATA DA VALENTINA RENZOPAOLI PER AFFARI ITALIANI
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