Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli. I primi fatti, ecco, sono avvenuti e i nuovi io preannuncio; prima che spuntino, ve li faccio sentire». Cantate al Signore un canto nuovo, lodatelo dall’estremità della terra; voi che andate per mare e quanto esso contiene, isole e loro abitanti. Esultino il deserto e le sue città, i villaggi dove abitano quelli di Kedar; acclamino gli abitanti di Sela, dalla cima dei monti alzino grida. Diano gloria al Signore e nelle isole narrino la sua lode. Il Signore avanza come un prode, come un guerriero eccita il suo ardore; urla e lancia il grido di guerra, si mostra valoroso contro i suoi nemici. (Is 42,1-13).
L’uomo vuole fare di Gesù solo un guaritore di malattie del corpo. Non lo vuole un datore di luce e di vera giustizia, un autentico rivelatore della volontà del Padre. Vorrebbe quasi costringerlo, sottometterlo alla sua volontà. Guidarlo nelle cose da fare. Gesù invece non si lascia schiavizzare da alcuno e afferma anche dinanzi ad un esercito di ammalati, lasciandoli nella loro malattia, che il Padre lo manda altrove e che Lui gli deve prestare immediata obbedienza. Abbandona ogni cosa e si reca altrove.
Tra Gesù e ogni suo discepolo è questa la differenza, la distanza che ci separa. Gesù è dalla volontà del Padre sempre. Noi, suoi discepoli, siamo quasi sempre dalla nostra volontà. Lui è dai bisogni divini. Noi siamo dai bisogni umani. Lui è dall’eternità. Noi siamo dal tempo. La sua pastorale è sempre purissima obbedienza alla Parola del Padre. La nostra invece è obbedienza alla storia, alle questioni degli uomini, alle loro urgenze e necessità. Finché la nostra pastorale non diventa in tutto simile a quella di Gesù, purissima obbedienza a Dio, non vi potrà essere né salvezza e né redenzione, perché il Signore vuole una cosa sola: l’obbedienza perfetta al suo volere. Poi sarà Lui a dare all’uomo ogni altra cosa. Il Signore dona ogni grazia agli uomini, a condizione che noi diamo a Lui la nostra totale sottomissione al suo volere. Salva il mondo chi obbedisce a Dio. Lo redime chi si sottomette alla sua divina volontà.
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