Hanoi – Da sei mesi le autorità del distretto di Ky Anh(provincia di Ha Tinh, centro del Vietnam) impediscono a un gruppo di 155 giovani cattolici di frequentare la scuola, privandoli del diritto – sancito dalla Costituzione – all’istruzione. Nel settembre scorso i vertici dell’amministrazione locale hanno comunicato alle famiglie che non avevano alcun diritto di accedere all’istituto – primario e secondario – per l’anno scolastico 2014/15. Al momento di rientrare nelle classi, alle famiglie è stato comunicato che i nomi dei loro figli – ragazzi e ragazze fra i 4 e i 15 anni – non erano presenti in alcun elenco. All’inizio di marzo, a mesi di distanza dal primo divieto, la situazione non è cambiata.
Gli alunni, costretti loro malgrado a un periodo prolungato di vacanza, fanno parte della parrocchia di Dông Yên. I loro genitori hanno ricevuto una comunicazione dal direttore della scuola di Ky Anh, in cui annunciava che i bambini erano stati iscritti dalle autorità ad un istituto distante circa 30 km, appartenente al distretto in cui le famiglie avevano ricevuto l’ordine di trasferimento qualche tempo prima.
Dietro la vicenda, infatti, vi è una controversia fra le famiglie cattoliche e le autorità comuniste locali che risale al 2012. All’epoca i vertici distrettuali avevano intimato ad un migliaio di famiglie della parrocchia di Dông Yên di trasferirsi in una nuova area, stabilita dalle autorità. Tre anni più tardi, 810 persone hanno ubbidito all’ordine e hanno cambiato residenza; tuttavia, un gruppo di 150 famiglie ha deciso di sfidare l’amministrazione e di restare nella propria terra.
Alcuni esponenti della comunità cattolica locale spiegano che vivono nell’area da centinaia di anni, appartengono a una comunità antica e i risarcimenti offerti dalle autorità per il trasloco forzoso sono irrisori. Inoltre, le nuove abitazioni nell’area assegnata non offrirebbero alcuna garanzia in termini di igiene, istruzione e possibilità di impiego.
A pagare le conseguenze di questo braccio di ferro sono bambini e ragazzi, che da sei mesi non possono frequentare le lezioni e, con tutta probabilità, perderanno l’anno scolastico. Dispiacere e rincrescimento viene espresso anche dal preside dell’istituto, il quale afferma di aver impartito il divieto “a malincuore”, perché “sono bravi ragazzi. Ma è un ordine delle autorità, che mi ha portato a prendere questa decisione estrema”.
Come denunciato a più riprese non solo dalla Chiesa cattolica vietnamita, ma anche da autorevoli istituti economici internazionali, l’annosa questione delle proprietà terriere in Vietnam non è solo un problema giuridico e costituzionale, ma rappresenta un freno allo sviluppo economico del Paese. In soli tre anni si sono contate circa 700mila dispute sui terreni, molte delle quali hanno riguardato i compensi a titolo risarcitorio. Dati della Banca mondiale riportano che dal 2001 al 2010 circa un milione di ettari di terreni agricoli è stato riconvertito per scopi diversi; le controversie sulle terre hanno bloccato o ritardato di almeno due anni molti degli 80 progetti infrastrutturali finanziati dalla Banca asiatica per lo sviluppo (Adb), per un totale di 9 miliardi di dollari.
Fonte. AsiaNews