Nella sua provvidenza divina noi siamo come strumenti del suo amore per gli altri.
Madre Teresa di Calcutta diceva: “Quando una persona muore di fame o di dolore, non è perché Dio l’ha trascurata, ma perché non abbiamo fatto nulla per aiutarla. Non siamo stati strumenti del suo amore, non abbiamo saputo riconoscere Cristo sotto l’apparenza di questo uomo derelitto, di questo bambino abbandonato”.
Racconta Madre Teresa: “Un giorno andando per strada incontrai una bambina che tossiva ed era quasi morta dal freddo con un vestito rotto e sporco. Chiedeva l’elemosina con un viso macilento. Tutti passavano evitandola. Quello spettacolo mi irritò e mi fece esclamare interiormente: «Ma, perchè Dio permette questo? Perché non fa qualcosa perché ciò non accada?» Al momento la domanda restò senza risposta. Ma nella notte, nel silenzio della mia camera udii la voce di Dio che mi diceva: “Certo che ho fatto qualcosa per risolvere questi casi, ho creato te”. Allora, forse a noi potrebbe dire lo stesso: Che cosa hai fatto tu per alleviare le sofferenze degli altri? Tu facevi parte della mia provvidenza per aiutare i tuoi fratelli. Compi la tua missione.
Ha senso il nostro dolore nella provvidenza di Dio?
Forse ci potrà sembrare assurdo ed incomprensibile secondo il nostro modo di pensare. Ma Dio ha una visione più ampia della vita e del mondo. Per questo, nei momenti difficili, quando non capiamo nulla, dobbiamo dire come Gesù nell’orto di Getsemani: “Padre mio, sia fatta la tua volontà” (Mt 26, 39). Dio ha un progetto superiore, che non ci ha mostrato, ma è migliore dei nostri progetti umani. Ci dice in Isaia: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55, 8). Quello che lui desidera è la nostra fiducia, che non dubitiamo mai della sua bontà e del suo amore per noi, anche se non comprendiamo i suoi motivi. Lasciamoci portare in braccio come un bambino nelle braccia di sua madre, sapendo che ciò che lui ha disposto per noi è la cosa migliore.