Solo due famiglie hanno accettato di adorare la dea locale, le altre sono fuggite. «È un nostro diritto fondamentale praticare la fede cristiana, non abbiamo commesso crimini»
I leader locali di un villaggio dell’India orientale hanno tentato di costringere 12 famiglie cristiane ad adorare una dea tradizionale sotto minacce di morte. Dieci famiglie hanno rifiutato e sono fuggite, mentre il capo villaggio ha assicurato che li ucciderà se li «scoprirà a pregare di nuovo dopo il “rito di riconversione”».
Il 12 giugno i leader del villaggio di Mahuatoli, nel distretto di Gumla (Stato di Jharkhand), hanno riunito le 12 famiglie davanti a un’assemblea pubblica intimandole di tornare alla religione tradizionale. «Tutti gli abitanti erano presenti», dichiara uno dei perseguitati, Gangadhar Munda, a Morning Star News . «Ci hanno detto che avevamo “contaminato” il villaggio e che l’area doveva essere ripulita dal cristianesimo».
Il capo villaggio ha ordinato a tutti di non parlare con i cristiani, di non commerciare con loro e di non considerarli più come parte della comunità. Il sovrano ha interrotto i rifornimenti di acqua per i campi e l’elettricità delle famiglie cristiane. I fedeli hanno protestato, spiegando che «è un nostro diritto fondamentale praticare la fede cristiana. Noi apparteniamo a questo villaggio al pari di tutti gli altri membri del clan Sarna. Non abbiamo commesso alcun crimine che giustifichi l’essere umiliati e ostracizzati in questo modo».
Il capo villaggio, dichiara Tempi, ha quindi ordinato che i cristiani venissero purificati presso il pandal del villaggio, la struttura dove si svolgono i riti votivi alla dea locale. Tutti i cristiani si sono rifiutati, spiegando che sarebbero «rimasti fedeli a Cristo».
Due giorni dopo, il 14 giugno, una folla di estremisti ha attaccato la casa di uno dei cristiani, Balveer Munda, radendola al suolo e derubandola. L’uomo, minacciato di morte, è stato costretto a fuggire con i figli e la moglie, incinta al nono mese, nel vicino villaggio di Dolaichi.
Lo stesso giorno, 20 estremisti indù hanno fatto irruzione nella casa di Jogiya Munda, costringendo lui e sua madre, cristiani da 17 anni, a inchinarsi davanti alla dea locale. Presso il pandal del villaggio, li hanno purificati e “riconvertiti”. L’uomo e la madre sono fuggiti insieme ad altre nove famiglie. Solo due famiglie hanno accettato il rito di riconversione e sono rimaste a vivere nel villaggio.
Le dieci famiglie cristiane cacciate si sono rivolte alla polizia, che ha rifiutato di accettare la loro denuncia. I fedeli hanno comunque sporto denuncia online e una prima udienza del caso si è tenuta ieri. I giornali locali hanno scritto che i cristiani si sono “riconvertiti” di loro spontanea volontà dopo che i missionari cristiani stranieri li hanno ingannati.
I cristiani in India rappresentano appena il 2 per cento della popolazione, circa 20 milioni di persone. Come spiegato da monsignor Theodore Mascarenhas, esistono «leggi “anti-conversione” per le quali, se qualcuno vuole cambiare religione, deve prima chiedere l’autorizzazione alla polizia. Sette stati in India hanno adottato questa legge già nel 1968. Gli stati non hanno mai condannato nessun cristiano, ma hanno incarcerato molti preti, religiose e laici fino a quando non sono stati riconosciuti non colpevoli».
Lo Stato di Jharkhand è uno dei più pericolosi per i cristiani. Prima che la legge anti-conversione venisse adottata, il governatore aveva «pagato una pubblicità nella quale c’era scritto che i missionari cristiani volevano convertire tutti i dalit e le popolazioni tribali. Si diceva che queste popolazioni erano stupide come delle vacche, ignoranti e che non sapevano distinguere tra Maometto e Gesù».
L’elezione del premier Narendra Modi, nel 2014, ha aumentato il sentimento anti-cristiano. La nuova vittoria dei nazionalisti indù spaventa i cristiani. Come dichiarato da padre Savarimuthu Sabkar, portavoce della diocesi di Delhi, «dal 2014 abbiamo registrato numerosi attacchi, soprattutto nelle parrocchie delle zone rurali nel nord dell’India. I grandi media, tutti pro Bjp, non ne parlano mai. I gruppi marginali dell’hindutva (che si basano sul principio della supremazia etnica della maggioranza indù) godono di una sorta di impunità e immunità: credono che non saranno mai arrestati o condannati».
Di Leone Grotti per Tempi.it
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