E’ l’undicesimo pellegrinaggio a Roma per l’Organizzazione internazionale dei Ministranti. Il programma inizia oggi e proseguirà con Messe in diversi luoghi di Roma e visita alle catacombe, specie quelle di San Callisto, dove riposa San Tarcisio, patrono dei ministranti. Ma centrale sarà l’udienza col Papa domani alle 18.00 in Piazza San Pietro, preceduta da due ore di musica, eseguita da band di diversi Paesi, e testimonianze di chi ha già percorso il cammino di ministrante. Poi con il Papa la recita dei Vespri in tedesco, ungherese, francese e italiano, lingue dei gruppi più numerosi. “Per alcuni ragazzi sarà la prima possibilità di vedere l’universalità e la dimensione comunitaria della Chiesa, spiega il presidente dell’Organizzazione, mons. Ladislav Nemet, “ma anche di trovare la gioia della propria missione”:
R. – Abbiamo scelto come motto del pellegrinaggio le parole del profeta Isaia: “Eccomi, manda me!”. Pensiamo che nell’età dei chierichetti sia importante trovare anche la propria strada nella vita, e così pensiamo a un’apertura anche a Dio, negli anni più difficili. Tutta la preghiera è preparata in questa dimensione, anche i testi delle diverse canzoni riassumono questa idea della missione dei giovani nella società, nella vita privata e nella Chiesa. La seconda cosa è la pace, perché abbiamo chierichetti che vengono anche dall’Ucraina. Dopo pregheremo anche per gli immigrati, idee care al nostro Santo Padre ma anche ai nostri ministranti. Viviamo infatti in un mondo nel quale non si possono chiudere gli occhi e non vedere il mondo che cambia.
[box]Nella galleria le fotografie dell’incontro con i ministranti tedeschi dell’agosto 2014[/box]
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D. – Fare il chierichetto è una cosa che ancora li attrae, li affascina? E come avvicinarli a questa dimensione?
R. – Se la liturgia è celebrata bene, c’è una bellezza che attrae. La seconda possibilità è la comunità: se in una parrocchia c’è una persona responsabile che ha questa capacità di riunire questi giovani, si farà un gruppo bellissimo. Diventare chierichetto non significa soltanto venire in chiesa durante la liturgia, ma anche assumere una nuova dimensione della vita, collegata con la nostra comunità ecclesiale e con la comunità che vive intorno a una parrocchia.
D. – Qual è la cosa che metterà in evidenza nelle parole del suo saluto al Papa?
R. – Voglio sottolineare le aspettative dei giovani, di ascoltare una parola di incoraggiamento per questo servizio, che vale la pena rimanere fedeli a Cristo e alla nostra vocazione. Senz’altro il Santo Padre troverà le parole giuste per toccare i giovani: è incredibile come i giovani lo amino! Si vede, ovunque egli vada …
D. – Il Papa dice – è stata forse la sua prima parola: “Andate, uscite e raggiungete le periferie”, come lui le chiama sempre. Quindi questo tema sembra particolarmente in linea con il magistero?
R. – Sì, perché “Eccomi, manda me!” significa la disponibilità ad andare fuori, a lasciare il mio posto … Il profeta aveva una vita molto tranquilla e quando il Signore si è fatto vivo il profeta ha lasciato tutto. “Manda me! Vado via!”, anche se nella periferia o in un città grande: oggi la periferia può essere anche al centro di Roma. Non c’è una definizione della periferia: la periferia sono tutti gli spazi dove la gente ha bisogno di Gesù.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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