Il bambino vuole sapere il destino del papà ateo che ha fatto battezzare i figli. Francesco lo consola. Avviene nella visita a San Paolo della Crocea Corviale, quartiere della periferia di Roma
Quel papà «non aveva il dono della fede ma ha fatto battezzare i suoi figli, questo a Dio è piaciuto tanto». Papa Francesco ne è sicuro e rassicura così Emanuele, che, nel momento di rivolgergli la sua domanda, scoppia a piangere. Questa scena avviene durante la visita del Pontefice nella parrocchia di San Paolo della Croce a Corviale, quartiere della periferia di Roma dove campeggia il famigerato «Serpentone», un immenso palazzo dell’Istituto Case popolari che ospita 1.200 inquilini ed è da tempo in situazione di degrado sociale.
Il Papa percorre in auto tutta via Poggio Verde, costeggiando il chilometro del Serpentone, come gli abitanti chiamano il «Nuovo Corviale», il complesso residenziale che dà il nome all’intero quartiere. L’auto targata Cv1 è salutata dagli abitanti del caseggiato che si sono affacciati numerosi alle finestre. Alcuni residenti hanno affisso striscioni di benvenuto al Papa.
Al suo arrivo, Jorge Mario Bergoglio è accolto da un bagno di folla. Lo attendevano monsignor Angelo de Donatis, vicario generale della diocesi di Roma, monsignor Paolo Selvadagi, vescovo ausiliare per il settore ovest, il parroco don Roberto Cassano e i sacerdoti della Comunità dell’Incarnazione che ha trovato la sua sede all’interno dell’immenso edificio.
Francesco incontra prima i bambini del catechismo, poi gli anziani, gli ammalati e i poveri. Dopo avere un colloquio con alcuni detenuti e dopo avere confessato alcuni parrocchiani, presiede la Messa.
Il Vescovo di Roma dialoga con i bambini che frequentano il catechismo, rispondendo ad alcune loro domande. Ecco la risposta a una bambina: «Tutti siamo figli di Dio, tutti, anche i non battezzati, sì, anche quelli che credono in altre religioni, o che hanno idoli. Anche i mafiosi sono figli di Dio ma preferiscono comportarsi come figli del diavolo». Tutti sono «figli di Dio, Dio ha creato e ha amato tutti e ha messo a tutti nel cuore la coscienza di distinguere il bene dal male. Con il battesimo è entrato lo Spirito Santo e ha rafforzato la tua appartenenza a Dio». Anche i mafiosi «sono figli di Dio, dobbiamo pregare perché tornino e riconoscano Dio. Chi di voi – chiede ai bambini – prega per i mafiosi perché si convertano? Bisogna pregare».
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A Edoarco, che lo ha interrogato suoi primi stati d’animo dopo l’elezione a Papa, spiega di avere provato nessun sentimento di paura, né una gioia più intensa: sentiva solo che Dio l’aveva chiamato. Racconta di avere «sentito che Dio voleva quello. Mi sono alzato e sono andato avanti, non ho sentito niente di spettacolare».
Poi arriva Emanuele, che, nel momento di rivolgergli la sua domanda, scoppia a piangere al microfono. Allora il Papa lo invita ad avvicinarsi. Appena il bambino è vicino al Pontefice gli cade tra le braccia. Si intuisce che non è questione di timidezza. Emanuele ha bisogno di essere abbracciato, incoraggiato, rassicurato, consolato, di ricevere calore umano. Lo sta ricevendo dal Papa in persona. Probabilmente ha qualche angoscia, dolore da sfogare. Bergoglio lo abbraccia senza fretta di terminare la stretta. Gli parla all’orecchio. Emanuele gli chiede se suo padre, ateo ma che aveva fatto battezzare i suoi quattro figli (Emanuele, altri due fratelli e una sorella), dopo la morte sia andato in Cielo. E non all’inferno (si scoprirà dopo che la domanda completa comprendeva la specifica citazione del pericolo inferno per il papà di Emanuele). Ecco che cosa risponde Francesco (spiegando di avere chiesto il permesso a Emanuele di poter riportare pubblicamente la domanda, che il bambino gli ha sussurrato all’orecchio): «Magari potessimo piangere come Emanuele quando abbiamo un dolore nel cuore. Piange per il suo papà che è venuto a mancare e ha avuto il coraggio di farlo davanti a noi perché c’è amore nel suo cuore – sottolinea – il papà era ateo ma ha fatto battezzare i quattro figli, era un uomo bravo. È bello che un figlio dica del suo papà “era bravo”. Se quell’uomo è stato capace di fare figli così era un uomo bravo. Dio è fiero del tuo papà».
Evidenzia ancora Francesco: «Dio ha un cuore di papà, tuo papà era un brav’uomo, è in cielo con Lui, stai sicuro. Dio ha un cuore di papà e davanti a un papà non credente che è stato capace di battezzare i suoi bambini, Dio sarebbe capace di abbandonarlo? Dio sicuramente era fiero di tuo papà, perché è più facile essere credente e far battezzare i figli che non essere credente e far battezzare i figli. Prega per tuo papà, parla con tuo papà. Questa è la risposta».
Agli anziani, malati e poveri Francesco ricorda che le persone più bisognose «sono al centro del Vangelo». Papa Bergoglio sa «che ognuno di voi ha il proprio dolore, tutti: ma che questo non vi tolga la speranza – è il suoi auspicio – e non vi tolga la gioia, perché Gesù è venuto a pagare per tutti noi con i suoi dolori». Dunque «andiamo avanti, e facciamo anche del bene agli altri, tutti possiamo farlo: facciamolo con la gioia di essere cristiani».
C’è anche un monastero, all’interno del Serpentone di Corviale. Un luogo di preghiera tra le famiglie che negli anni hanno occupato abusivamente le case. Al Serpentone dal 1992 dopo la visita di papa san Giovanni Paolo II alla parrocchia di San Paolo della Croce vive – riferisce una nota di Tv2000 – la Fraternità dell’Incarnazione.
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Illustra don Gabriele Petreni, sacerdote della Fraternità: «Lo chiamano serpentone ma è in realtà una struttura lineare che si snoda dritta per dritta. È qualcosa di particolare che unifica e schiaccia la vita delle persone, le rende tutte uguali. La bruttezza della struttura architettonica inevitabilmente crea un pregiudizio sulle persone che ci abitano». I sacerdoti hanno scelto di abitare nel primo lotto al quarto piano, dove ci sono le famiglie che hanno occupato abusivamente gli appartamenti, lì c’è un monastero con una cappella. I preti condividono in tutto la vita delle famiglie che abitano a Corviale. Le donne, «le mamme nei primi anni hanno fatto le ronde per intere nottate per difendere il posto dallo spaccio della droga. Hanno custodito e lavato per anni e anni le scale di questo quartiere che sono affidate alla gestione volontaria. Sono chilometri di scale, non c’è una ditta di pulizie, non c’è un portiere. Dobbiamo ringraziare il nostro postino perché con una pazienza e una dedizione infinita viene a portarci la posta che altrimenti andrebbe perduta».
Fonte: VaticanInsider
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