R. – Certamente, è un dovere imperativo parlare e agire in favore di chi è perseguitato per la propria fede, in favore di chi è umiliato, decapitato, crocifisso, privato della propria umanità. Quindi, sotto questo profilo il silenzio fa parte di quella generale indifferenza che spesso l’umanità ha verso le cose più grandi, verso i problemi globali. Parlare e agire, oggi, è un imperativo categorico perché oggi chi tace è colpevole.
D. – Presidente Grasso, sembra tuttavia che le Istituzioni, sia sovrannazionali – penso all’Unione Europea – che nazionali non siano così attive nel rispondere alla preoccupazione del Papa …
R. – Beh, penso che in Italia si è sempre fatto dei diritti della minoranza, della tutela dei cristiani uno dei punti più qualificanti della politica estera. Certo, sul piano internazionale l’Italia dovrà farsi interprete di questo messaggio e promuovere nel consesso internazionale proprio la protezione e la promozione della libertà di religione, della manifestazione del pensiero … insomma, dei diritti fondamentali delle persone.
D. – Come si può favorire una riflessione concreta nelle Istituzioni, secondo lei?
R. – Tutelare i diritti attraverso azioni come, ad esempio, curare l’informazione nel mondo o la salute dei bambini o gli ospedali, creare luoghi d’incontro, di conoscenza e sostenere quindi la comunità cristiana dovunque sia nel mondo: tutte le minoranze che sono spesso, in tanti Paesi, obbligate a nascondere le propria fede per paura.
D. –Alcuni ipotizzano anche l’uso della forza a difesa delle minoranze cristiane e non …
R. – Penso che bisogna affrontare questa sfida di inciviltà che oggi viene manifestata soprattutto dallo Stato Islamico e dal terrorismo, affrontarla in una maniera identica a quella che viene diffusa attraverso la comunicazione. Per esempio, questi esponenti dello Stato Islamico si servono abilmente dei mezzi di comunicazione per generare paura in Occidente; lanciano tanti messaggi per attrarre giovani musulmani e incitandoli a reagire alle ingiustizie e alla miseria con l’odio, con la violenza, con l’uso distorto della religione. Bene: questo è un punto che diventa un punto di vista geopolitico, non è più soltanto una questione etica; è una questione importante sotto il profilo geopolitico. E quindi dobbiamo contrapporre un’informazione intelligente che cerchi di evitare che alzino la voce contro l’uso della propria religione per giustificare violenze, e anche posizioni di potere che nulla hanno a che fare con la fede. Quindi, dobbiamo difendere assolutamente la libertà di fede e di religione. E in questo ci deve aiutare proprio l’islam.
D. – Lei pensa che questa persecuzione dei cristiani sia solo un problema di libertà religiosa?
R. – Diciamo che nella prospettazione sembrerebbe questo; in realtà, dietro ci sono interessi economico-militari, di conquista del territorio … Diciamo che dobbiamo agire militarmente per fermare lo Stato Islamico – questo sì – e ogni forma di terrorismo; ma soprattutto bisogna agire politicamente: creare, lì dove magari c’è stato un vuoto di politica, creare delle istituzioni – soprattutto nel Medio Oriente – per aiutare a risolvere i problemi in Siria, in Iraq, in Libia … Insomma, bisogna riempire i vuoti geopolitici che noi occidentali stessi abbiamo forse contribuito a determinare. Per cui dobbiamo chiedere – per esempio – al Pakistan, all’Egitto, a ogni Paese del mondo dovei cristiani, i copti soffrono e rischiano la vita per la fede proprio a causa del terrorismo, dobbiamo chiedere a questi Paesi e a tutti i Paesi in cui ci sono questi problemi, di adoperarsi per rispettare e assicurare il diritto di professare la propria fede e di vivere in pace.
D. – La persecuzione dei cristiani, non crede che dipenda anche da scelte sbagliate di politica estera da parte degli Stati occidentali, e ancora oggi dalla mancanza di una chiara politica estera degli Stati nazionali?
R. – Sì. Dicevo proprio questo quando ho detto che ci sono dei vuoti politici. Cioè, non può l’Occidente pensare di imporre i propri schemi, le proprie tradizioni, le proprie leggi in contesti etico-sociali assolutamente diversi. Bisogna cercare di rispettare le tradizioni dei popoli, in maniera tale da adattare le novità alla situazione locale. Spesso abbiamo pensato che la democrazia potesse essere importata di un sol balzo in qualsiasi parte del mondo: si può fare ma occorre una maturazione etnica, sociale, economica delle popolazioni per ricevere alcune istituzioni democratiche e applicarle.
D. – Presidente Grasso, cosa risponde alla preoccupazione di Papa Francesco? Il Parlamento italiano può riflettere concretamente sui cristiani perseguitati?
R. – Vorrei ricordare le parole pronunciate dal Papa nel suo viaggio a Gerusalemme, quando ha lanciato un appello a rispettarci e ad amarci gli uni con gli altri come fratelli e sorelle, ripudiando senza appello la violenza strumentalizzata in nome di Dio: ecco, io credo che oggi di fronte al crescere di quest’odio, di questa violenza, l’impegno che chiede il Santo Padre ai governi e a ogni persona sia quello della costruzione di una società globale in cui ciascuno – ciascun Paese, ma anche ciascun cittadino – viene rispettato per il proprio modo di essere, per la sua identità religiosa. Il Parlamento italiano, da parte sua, può mettere in risalto attraverso una discussione nelle aule parlamentari, questi problemi che sono problemi del nostro Paese ma sono [anche] problemi internazionali.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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