l livello del Pil nel 2/o trimestre del 2014 risulta essere il più basso dal 2/o trimestre del 2000, ovvero da 14 anni. L’ultimo dato positivo risale al quarto trimestre del 2013, quando era stata interrotta una striscia di segni meno lunga più di 2 anni.
L’Italia dunque è in recessione tecnica: per il secondo trimestre consecutivo il Pil risulta in calo congiunturale. La Borsa di Milano reagisce male, perdendo pochi minuti dopo le 11, quando l’Istat ha comunicato i dati, oltre il 2%.
Se gli analisti pronosticavano una cifra compresa tra -0,1% e + 0,3% le aspettative, anche ai piani più alti del governo, erano comunque rivolte alla parte più bassa della ‘forchetta’.
Il primo dato a essere pubblicato, in realtà, è stato incoraggiante, anche se riguarda solo la produzione industriale, che l’Istat registra in rialzo a giugno, dopo il colpo di freno di maggio: su base mensile, ha fatto registrare un aumento dello 0,9% mentre su base tendenziale, cioè rispetto a giugno 2013, l’aumento è stato dello 0,4%. In ogni caso c’è poco da stare allegri: la produzione industriale, nella media del secondo trimestre, è calata dello 0,4% rispetto al trimestre precedente quando aveva segnato un aumento dello 0,1% (dato previsto al rialzo, in quanto era -0,1%).
Lo spettro di una recessione
Lo spettro di una recessione dalla quale l’Italia non riesce a liberarsi ha fatto da sfondo ieri a un lungo incontro a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio Renzi e il ministro dell’Economia Padoan. Un colloquio incentrato sul lavoro preparatorio della legge di Stabilità alla luce di una congiuntura più cupa del previsto, che significa meno risorse da spendere e conti pubblici più a rischio.
Ministro e premier fanno trapelare che c’è piena intesa e concordano soprattutto sulla necessità di accelerare sulle riforme strutturali, nella convinzione che il deficit di crescita che l’Italia continua a mostrare abbia radici profonde e che solo un’azione di lunga lena possa invertire la tendenza. C’è preoccupazione per una crisi non ancora terminata ma non ci sono esitazioni sul piano dei «mille giorni» messo all’ordine del giorno da Palazzo Chigi. «Non siamo ancora fuori dalle difficoltà, c’è ancora molto da fare, ma lo faremo con ancor più decisione», ha detto il premier che riferendosi all’economia ma anche al cammino della riforma costituzionale, usa la metafora della maratona: «La politica sta facendo bene la sua parte e stiamo approvando la riforma del Senato. Ma bisogna avere il passo del maratoneta e non dello sprinter, gli italiani ci chiedono di cambiare e noi cambieremo». E ancora: «Non serve nessuno choc dell’economia, dobbiamo solo portare a termine le riforme in cantiere, a partire da quella del lavoro, della Pa, della giustizia e della scuola».
Nessun cambio di marcia e nessuna scorciatoia dunque di fronte alla nuova gelata del Pil. Lo sottolinea anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «Il dato dell’Istat non cambierà l’agenda del governo» ha sottolineato, si può essere «più rapidi e incisivi ma la strada è quella e bisogna percorrerla fino in fondo».
Nel caso l’Istat certifichi oggi un nuovo passo indietro del Pil, dopo il -0,1% segnato del primo trimestre, l’Italia tornerà tecnicamente in recessione. Un brutto colpo per il governo, anche sul piano dell’immagine. Ma pure una crescita zero non cambierebbe la sostanza di un Paese bloccato, che fa peggio dei partner europei tanto negli anni di recessione che in quelli di (moderata) ripresa. Il caso della Spagna, che nel secondo trimestre ha registrato un + 0,6% del Pil dopo il + 0,4% del primo, è lì a dimostrarlo. Gli ultimi dati diffusi ieri sul comparto dei servizi in Italia indicano a luglio un rallentamento della crescita che si era manifestata invece nei 4 mesi precedenti e altrettanto pochi giorni fa si era evidenziato per il settore manifatturiero. Si profilano quindi difficoltà anche nella seconda metà dell’anno. Per il governo sarà quindi inevitabile a settembre rivedere la previsione del Pil 2014 – stimato ad aprile ad un +0,8% che già tutti i centri economici hanno ridimensionato – e a cascata quella del deficit. L’ipotesi di dover mettere mano a una manovra correttiva sui conti di quest’anno continua ad essere esclusa tanto da Palazzo Chigi che dall’Economia. Il deficit è destinato a salire con una crescita che Bankitalia oggi stima al +0,2%, ma salvo sorprese dovrebbe restare entro il tetto del 3%, anche grazie alla minore spesa per interessi dovuta al calo degli spread. Al Tesoro tuttavia non si fa mistero che c’è massima attenzione sulla dinamica della spesa pubblica. È di ieri la notizia che nei primi sei mesi dell’anno le entrate tributarie sono calate dello 0,8%, con la perdita per l’erario di 1,5 miliardi rispetto alla prima metà del 2013. Non è escluso quindi che qualche sforbiciata alle spese nella parte finale dell’anno potrebbe rendersi necessaria, anche per tenere buona l’Europa, nel-l’attesa che il programma di riforme prosegua e venga implementato. Una condizione per rendere meno onerosa, forse, anche la manovra sul 2015 contenuta nella legge di Stabilità quando il governo dovrà recuperare una ventina di miliardi.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire
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