La proposta/collocazione del nascituro soggetto popolare è chiamata ad intercettare il grosso dell’elettorato medio italiano caratterizzato generalmente da un’idea moderata della politica. Ciò dovrebbe escludere a priori ogni legame con forze estremistiche in senso federale ed etnico come la Lega Nord, o autoritario-nazionale come Fratelli d’Italia. A questo principio sarebbe auspicabile unire un’idea sistematica circa la dimensione etica della politica, che lungi dal voler proporre o rappresentare posizioni fondamentalistiche, sbaragli con serie tematiche e relative azioni ogni deriva legalistico-morale proveniente dagli innumerevoli, e altrettanto inefficaci, codici etici e della legalità. Per sviluppare questo punto, il recupero della lezione di Alcide De Gasperi parrebbe molto utile.
Sulla conformazione interna/esterna del nuovo partito va in primo luogo affermato che questo deve essere veramente democratico. Non è più il tempo dei signori delle tessere e nemmeno delle signorine di bella presenza legate a filo doppio ai capicorrente. La competenza e il radicamento sul territorio costituiscono le peculiarità primarie per la selezione e l’avanzamento della futura classe dirigente in grado di rispondere con competenza alle sfide odierne che impongono formazione e studio costante, capacità comunicative/relazionali e conoscenza delle dinamiche dei social network. Insomma, un partito dinamico e leggero il quale attraverso una solida robustezza contenutistica sia in grado di esprimere una laicità da ogni forma di confessionalismo o deriva economicistica, capitalistica, imprenditoriale. Dunque, un partito forte e popolare poiché capace di rimettere al primo posto la politica e la reale rappresentanza degli italiani.
In uno scenario sempre più europeo ed internazionale, il nuovo partito popolare dovrà possedere un’idea di Stato e di società al passo coi tempi. Dalla tradizione prima del P.P.I di Sturzo poi della D.C. dei vari De Gasperi, Dossetti, Fanfani, Moro e dalla Costituzione Italiana, il nuovo soggetto politico potrà attingere a temi come la sussidiarietà (intesa non come supplenza o surroga ma come soccorso e aiuto), il ruolo e le garanzie delle autonomie locali e dei corpi intermedi della società. In genere, il nascituro partito popolare dovrà garantire uno Stato democratico meno invadente che nella tutela di ogni settore e strato sociale garantisca non il bene di una parte, ma quello comune.
È chiaro che se il dibattito sul nuovo partito popolare rimanesse allo stato attuale, ovvero ai semplici tatticismi dei vari Berlusconi-Alfano-Casini in vista della loro permanenza su posizioni di forza e ove possibile di potere, ogni proposta teorico-pratica e qualsiasi partecipazione democratica dal basso cadrebbero nel dimenticatoio. Non sarebbe la prima volta e nemmeno l’ultima se a rappresentare il popolarismo del futuro saranno coloro che nonostante la gestione del potere per lungo tempo, non hanno riformato in senso popolare la nostra cara Italia. di Rocco Gumina
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