Un momento familiare, di festa, ma anche di forte raccoglimento. Così racconta il pranzo tra Francesco e i profughi chi lo ha vissuto a Casa Santa Marta. 21 i siriani accolti dal Papa, un gruppo arrivato in Italia il 16 aprile scorso con l’aereo che riportava Francesco dalla visita all’isola greca di Lesbo; gli altri giunti in Italia a metà giugno. Adulti e minori, nove questi ultimi, tutti sono riusciti a parlare in italiano con Francesco, salvo alcuni casi in cui i traduttori per i loro genitori sono stati gli stessi bambini.
I piccoli hanno regalato al Santo Padre una raccolta dei loro disegni e il Papa ha ricambiato con giocattoli e altri doni. Con Francesco e i suoi ospiti siriani, erano presenti il sostituto della Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu, il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, insieme con altri membri della Comunità, il comandante del Corpo della Gendarmeria Domenico Giani e due gendarmi che hanno collaborato nel trasferimento delle famiglie da Lesbo in Italia. Francesca Sabatinelli della Radio Vaticana ha intervistato Daniela Pompei, responsabile del servizio per i migranti della comunità di Sant’Egidio:
R. – Direi che è stato un momento familiare, commovente e anche di scambio, perché i profughi hanno avuto l’occasione di poter parlare con il Papa. Hanno parlato in italiano. Si capisce, quindi, che dal 16 aprile hanno studiato la lingua italiana. Gli hanno raccontato un pochino la loro vita: da dove sono venuti, del loro Paese, delle loro città, ma anche di ciò che stanno facendo a Roma. Poi lo hanno ringraziato, perché ha salvato la loro vita. I bambini, pian piano, hanno preso un po’ di confidenza con l’ambiente e con il Papa e hanno cominciato a giocare, a ridere, a scherzare e questo ha divertito molto anche il Santo Padre. Effettivamente è stato un clima familiare.
D. – Francesco era già stato con loro nel viaggio che li ha portati dall’isola di Lesbo in Italia. Quindi, li ha rivisti adesso dopo quel rientro…
R. – Sì. Gli ultimi, invece, dell’ultimo arrivo del 16 giugno, li ha visti oggi per la prima volta. Ha incontrato di nuovo, quindi, quelli di Lesbo. Abbiamo, infatti, con loro e con il Papa, ricordato quel viaggio: l’aereo, le lasagne e la richiesta dei profughi se ci fosse il maiale, per mangiarne poi tre piatti ognuno! Anche questo è stato commovente. Poi alcuni profughi hanno raccontato di essere preoccupati per la Siria, per la guerra e che la Siria è un Paese di convivenza. Molti di loro gli hanno detto di avere tantissimi amici cristiani e pure musulmani e di non capire la guerra che ha cambiato la vita dei siriani.
D. – Francesco cosa ha detto loro?
R. – Francesco ha con-partecipato alla sofferenza. Ha raccontato anche che quando è stato a Lesbo ciò che lo aveva colpito moltissimo erano i disegni dei bambini, che mostravano bimbi che affrontavano il mare. Anche oggi sono stati regalati al Papa, da parte dei bambini, dei disegni che hanno fatto loro, in cui si vedono bambini in mare, ma anche, negli ultimi, bellissimi, le case e la bellezza di avere la casa e non più sotto le bombe. Loro hanno raccontato il dramma dell’assedio di Aleppo, dei loro parenti che non possono uscire. Hanno raccontato di come la guerra abbia cambiato la loro vita ed anche la vita di tanti siriani e di come abbiano percepito una rinascita nell’essere qui in Italia, una seconda nascita. La prima bella speranza è stata quell’aereo che hanno preso. La seconda – hanno detto – è stata oggi: l’incontro con il Papa.
D. – Cosa stanno facendo queste persone adesso, a parte appunto studiare l’italiano così bene da poter sostenere la conversazione con Papa Francesco?
R. – I bambini, oltre a studiare la lingua, sono andati a scuola e si stanno preparando per fare corsi più approfonditi. Uno dei ragazzi si è iscritto all’istituto odontotecnico e si sta preparando questa estate per sostenere l’esame di ammissione al secondo anno e non al primo. Alcuni genitori vogliono continuare a studiare, quindi stanno vedendo per il riconoscimento dei titoli di studio, per iscriversi all’Università, altri stanno cominciando a pensare di cercare un lavoro. Lo hanno anche detto che lavoravano e che erano abituati a lavorare. Hanno tutti quanti i documenti in regola a questo punto e questo è importante. Noi li stiamo seguendo anche da questo punto di vista.
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D. – Si sono detti un ‘arrivederci’ con il Papa?
R. – Loro lo sperano molto. C’è stata una piccola conversazione sul cibo. Gli hanno parlato del cibo siriano e il Papa ha detto che in Argentina ci sono molti siriani e libanesi e che quindi ha avuto modo di gustare il loro cibo. E qualcuno ha aggiunto: “Allora la prossima volta prepareremo noi un grande pasto siriano per il Papa!”. Non so se sarà possibile, però ovviamente erano contentissimi. Poi i bambini sono stati molto felici, perché hanno ricevuto tutti un regalo. Loro gli hanno poi regalato – come ho detto – un album di loro disegni bellissimi, commoventi. Anche per me è stato un momento molto toccante e commovente, effettivamente: un momento bello. Abbiamo partecipato come i profughi a questo momento di contentezza molto profondo, anche nell’idea di pregare insieme per la pace. Pur essendo la gran parte musulmani, ci sono anche due cristiani – un cattolico e un siro-ortodosso – , insieme si è parlato di questo valore profondo della preghiera per la pace. E il Papa ha ricordato anche la veglia, fatta tre anni fa in Piazza San Pietro, come un momento di preghiera per l’amata Siria.
di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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