Rimettere Cristo, sempre più “un emarginato nella nostra cultura”, anzitutto “al centro della nostra vita personale”. E’ questa l’esortazione di padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella prima predica di Avvento in Vaticano, nella Cappella Redemptoris Mater, alla presenza del Papa e della Curia romana.
Perché Dio si è incarnato?
La predica ruota, in particolare, intorno ad una domanda cruciale: Perché Dio si è fatto uomo? La prospettiva predominante, da sant’Atanasio a sant’Anselmo, è “quella antropologica del rapporto di Cristo con l’umanità”: “per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo”. Il beato Duns Scoto – sottolinea padre Cantalamessa – scioglie invece “l’Incarnazione dal suo legame essenziale con il peccato”: “Dio vuole avere, fuori di sé, qualcuno che lo ami in modo sommo e degno di sé”. “Il peccato dell’uomo ha determinato il modo dell’Incarnazione conferendole il carattere di redenzione dal peccato, non il fatto stesso dell’Incarnazione”.
Spirito Santo, forza del creato
In una cultura, dominata dall’idea dell’evoluzionismo – osserva poi il predicatore della Casa Pontificia – il rischio è che Cristo possa essere visto come “un incidente storico, isolato dal Cosmo”. Per il teologo gesuita Teilhard de Chardin, in realtà Cristo “non solo non è estraneo all’evoluzione del cosmo, ma misteriosamente, la guida dall’interno e ne costituirà, al momento della Parusia, il compimento finale e la trasfigurazione”. La forza misteriosa che spinge la creazione verso il suo compimento – aggiunge padre Cantalamessa – è lo spirito Santo. “In ogni sforzo disinteressato e in ogni progresso nella custodia del creato è all’opera lo Spirito Santo”.
Ecologismo cristiano
Cristo è anche “l’elemento chiave per un sano e realistico ecologismo cristiano”: “Cristo – sottolinea padre Cantalamessa – svolge una funzione decisiva anche sui problemi concreti della salvaguardia del creato, ma la svolge in maniera indiretta, operando sull’uomo e – attraverso l’uomo – sul creato”. “Cristo agisce nel creato come agisce nell’ambito sociale, e cioè con il suo precetto dell’amore del prossimo”.
Custodia del creato
La cura del creato deve cominciare da ciascuno di noi. “Francesco d’Assisi – ricorda il predicatore della Casa Pontificia – era solito dire ai suoi frati: “Non sono mai stato ladro di elemosine, nel chiederne o nell’usarne oltre il bisogno. Presi sempre meno di quanto mi occorreva, affinché gli altri poveri non fossero privati della loro parte; perché fare altrimenti, sarebbe rubare”.
“Oggi questa regola potrebbe avere un’applicazione quanto mai utile per l’avvenire della terra. Anche noi dovremmo proporci: non essere ladri di risorse, usandone più del dovuto e sottraendole così a chi verrà dopo di noi. Tanto per cominciare, noi che lavoriamo di solito con le carte, potremmo cercare di non contribuire all’enorme e sconsiderato spreco che si fa di questa materia prima, privando così madre terra di qualche albero in meno”.
“Il Natale è un richiamo forte a questa sobrietà e parsimonia nell’uso delle cose. Ce ne da l’esempio lo stesso Creatore che, facendosi uomo, si è accontentato di una stalla per nascere. Ricordiamo quei due versi semplici e profondi del canto “Tu scendi dalle stelle” di Sant’Alfonso Maria dei Liguori: “A te che sei del mondo il Creatore – Mancano panni e fuoco, o mio Signore”.
“Tutti, credenti e non credenti, siamo chiamati a impegnarci per l’ideale della sobrietà e del rispetto del creato, ma noi cristiani dobbiamo farlo per un motivo e con una intenzione in più e diversa. Se il Padre celeste ha fatto tutto “per mezzo di Cristo e in vista di Cristo”, anche noi dobbiamo cercare di fare tutte le cose così: “per mezzo di Cristo e in vista di Cristo”, cioè con la sua grazia e per la sua gloria. Anche quello che facciamo in questo giorno”.
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
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