(Assisi, Basilica Inferiore di S. Francesco, 20 Settembre 2016)
“Tutti dobbiamo bere ogni giorno della misericordia, per vincere il nostro peccato e la nostra rabbia, per poter esprimere misericordia verso gli altri”
Noi viviamo in un mondo che fatica a distinguere ciò che costa da ciò che vale. Questa tendenza è tanto forte che di fronte a Cristo tentiamo di attribuire un prezzo alla grazia. E lui ci risponde con infinito amore e misericordia, e con un comandamento che può sembrare inizialmente irrazionale: dice a noi, che crediamo di essere ricchi, di ricevere liberamente da lui.
Alla base di questa offerta è il fatto che, nell’economia di Dio, noi siamo i più poveri tra i poveri, più poveri che mai perché ci crediamo ricchi. Il nostro denaro, la nostra ricchezza sono come i soldi giocattolo per bambini: nelle nostre economie umane apparentemente così potenti potranno anche acquistare dei beni, ma nell’economia di Dio non valgono niente. Siamo davvero ricchi solo quando accettiamo la misericordia di Dio, attraverso Cristo nostro Salvatore.
La nostra economia immaginaria, che noi trattiamo come fosse reale, non solo ci inganna e ci fa spendere il nostro denaro senza valore per cose che non soddisfano, ma anche consuma le nostre energie facendoci correre dietro ad illusioni.
Guardiamoci intorno in Europa oggi e ascoltiamo la verità della parola che Dio rivolge a noi. La più grande ricchezza della storia europea è culminata nelle tragedie del debito e della schiavitù. Le nostre economie possono permettersi di spendere tanto, ma non sono altro che fondamenta di sabbia. Malgrado tutto, siamo comunque preda dell’insoddisfazione e della disperazione: nello sfascio delle famiglie; nella fame e nelle disuguaglianze; nel rivolgerci agli estremismi. Minata dalla paura, dal risentimento e dalla rabbia, la nostra ricerca si fa ancora più disperata, nella paura dello straniero, senza sapere dove trovare coraggio.
Eppure nella sua misericordia Dio ci chiama tutti, ciascuno di noi e tutti insieme. Ci offre una ricchezza vera, che dona soddisfazione. Ci chiama ad ascoltare, a mangiare, ad andargli incontro, a fidarci.
Dobbiamo ascoltare. Come ascoltare Dio? Spesso attraverso la voce dei più abbandonati e dei più poveri. Jean Vanier de L’Arche ci racconta che persone con gravi disabilità parlano con la potenza della speranza, della decisione e dell’amore a coloro che credono di essere forti.
Dio ci chiama anche a mangiare. E mangiamo anzitutto nell’Eucaristia, condividendo il corpo e il sangue di Cristo, facendo così festa. Mangiare con Dio significa avere più di quanto ci occorre per diventare uomini e donne generosi, di un’abbondanza sovrabbondante.
Ci chiama a venire. Uno dei nostri più grandi poeti, George Herbert, inizia una poesia sulla misericordia di Cristo con queste parole: “l’amore mi diede il benvenuto; ma la mia anima mi tirò indietro…”. Noi ci tiriamo indietro perché non crediamo che la misericordia, questo amore donato con tanta libertà, sia per noi. I nostri peccati gridano, ma Cristo grida più forte “venite…”.
E siamo chiamati alla fiducia. A fidarci che la misericordia di Dio in Cristo sia sufficiente. A confidare che quando ascoltiamo, mangiamo e veniamo, saremo nutriti come lui ci promette. È una chiamata che necessita di un rinnovamento continuo. Abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi ogni giorno della nostra povertà di spirito, di avere sete della ricchezza della misericordia di Dio. Tutti dobbiamo bere ogni giorno della misericordia, per vincere il nostro peccato e la nostra rabbia, per poter esprimere misericordia verso gli altri.
Isaia conclude questo passo con un grande affresco, di tutte le nazioni che vengono all’unica nazione, al popolo, alla chiesa, alle nazioni che hanno ascoltato, mangiato e che si sono fidate. Sono attratte perché l’illusione della ricchezza è sostituita dalla verità della pace e dell’amore. Perché quando riceviamo misericordia e pace diventiamo portatori di misericordia e di pace.
Così saremo alla fine, come quelli che portano la misericordia di Dio, attraverso Cristo, a tutti gli uomini, con azioni rivelatrici di misericordia. Il lavoro di Sant’Egidio in Mozambico e in tutto il mondo è un segno di ciò che è possibile quando la misericordia di Cristo scorre in noi. Noi dobbiamo essere coloro che permettono agli altri di essere misericordiosi con coloro con cui sono in conflitto. Siamo chiamati ad essere la voce di Cristo per i senza speranza, che lui chiama, “venite alle acque”, in un mondo di siccità e di disperazione, donando con magnifica generosità ciò che abbiamo ricevuto nella sua misericordia colma di grazia.
di Redazione Papaboys fonte: Il Sismografo