Il santo dei giovani, il santo dei miracoli, il santo del sorriso: con questi tre appellativi è conosciuto San Gabriele dell’Addolorata.
Caro san Gabriele, mi rivolgo con fiducia alla tua intercessione per ottenere da Dio la grazia e la forza di cui ho bisogno.
Fa’ che io accetti con fede la mia situazione e consideri la malattia non come una sfortuna, ma come un invito a comprendere meglio il senso e lo scopo della vita.
Rafforza la mia fede perché io riesca a valutare il dolore come un dono prezioso e un’occasione per amare di più.
Nella tua malattia, da fanciullo, tu pregasti con fede e ottenesti la grazia della guarigione. In seguito, ammalato gravemente nel colmo della giovinezza, accettasti il volere di Dio con amore sconfinato.
Ottienimi dal Signore la grazia della guarigione se è secondo la sua volontà, perché io possa dedicarmi al servizio degli altri con freschezza di forze e profusione di amore.
Ottienimi soprattutto la grazia di accogliere la mia malattia, finché durerà, come disegno di Dio per unirmi alla Passione di Gesù completandola nel suo corpo che è la Chiesa, e per la salvezza del mondo. Amen.
LEGGI: Scopri la straordinaria vita di San Gabriele dell’Addolorata
Ripetiamo ancora:
Ottienimi dal Signore la grazia della guarigione se è secondo la sua volontà, perché io possa dedicarmi al servizio degli altri con freschezza di forze e profusione di amore.
Ottienimi soprattutto la grazia di accogliere la mia malattia, finché durerà, come disegno di Dio per unirmi alla Passione di Gesù completandola nel suo corpo che è la Chiesa, e per la salvezza del mondo. Amen
(continua dopo il video)
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Episodio riferito al santuario di san Gabriele dell’Addolorata di Isola del Gran Sasso da una signora di origini abruzzesi, ma residente in Veneto.
Nel 1988 ero incinta al terzo mese di gravidanza, ma avevo minacce di aborto. Andai in clinica a San Benedetto del Tronto (AP), dove fui visitata dal medico che subito collegò la perdita di sangue alla presenza di un tumore uterino, grande come un’arancia e già in stato di necrosi. Il medico mi disse che dovevo essere operata con estrema urgenza e non potevo neppure essere trasportata in un altro ospedale, tanto era grave il pericolo. Io rimasi scioccata perché sapevo che avrei perso anche il bambino, oltre che rischiare la mia vita. Mi sentivo davvero male.
In ospedale rinviarono altri interventi per operarmi subito. L’anestesista mi spiegò che avrei sicuramente perso il bambino a causa dei postumi dell’anestesia. Io ero disperata. La sera prima dell’operazione mio marito invocò san Gabriele dicendo: “So che ti chiedo l’impossibile, so di non poter essere esaudito, ma fa’ che non ci sia niente”.
Il giorno seguente mi fecero una preanestesia e mi portarono in sala operatoria. Il primario mi disse che mi dovevano segnare il punto da operare, ma appena mi si accostò esclamò: “Ma qui non c’è più niente!”. Uscì dalla sala e abbracciò mio marito e anche a lui ripeté: “Stia contento perché non c’è più niente. Ci deve scusare tanto, abbiamo preso un abbaglio!”. Poi è nato mio figlio che oggi sta benissimo.
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