È protettrice di pompieri, artificieri e marinai perchè, secondo la tradizione, morì martire nel 306 d.C. dopo essere stata rinchiusa in una torre dal padre che non volevva si consacrasse a Dio. È anche invocata contro saette ed esplosioni. Il motivo? Un fulmine colpì il suo carnefice, il padre Dioscoro, che non accettava la sua conversione al cristianesimo e per questo la uccise.
La si festeggia il 4 dicembre perché in questa data nel 306 morì martire, torturata secondo la leggenda con il fuoco. E per questo viene invocata contro la morte improvvisa per fuoco, contro i fulmini e le esplosioni. Esplosivi e armi vengono tenuti in depositi che si chiamano, non a caso, “santabarbara”. È la patrona di artificieri, Vigili del fuoco (la cui preghiera recita La nostra vita è il fuoco, la nostra fede è Dio per Santa Barbara Martire!), minatori, marinai, artiglieri, architetti, ingegneri ambientali, muratori, campanari, ombrellai. Per festeggiarla c’è chi spara a salve in aria e chi visita le caserme dei Vigili del fuoco.
Alla Santa dedicata la caserma “Santa Barbara” dell’esercito italiano, situata ad Anzio e attualmente sede della Brigata RISTA – EW. La Caserma della scuola di artiglieria contraerei di Sabaudia (LT), La Caserma sede dell’Artiglieria a Cavallo (Voloire) sita a Milano. Come protettrice dei Marinai della Marina Militare, un’immagine della Santa viene sempre posta nei depositi munizioni delle Unità Navali e delle caserme.
Il 4 dicembre a bordo delle Unità Navali della Marina Militare, secondo la tradizione, si dona un fascio di rose rosse al 1º Direttore del Tiro di bordo. È tra le Sante più venerate al mondo, specie in sud America, Asia, Europa e Stati Uniti.
Originaria della Turchia, dove nacque nel 273 d.C. nell’attuale İzmit, a quei tempi Nicomedia, entrò in contrasto con il padre Dioscoro, pagano, a causa della conversione al cristianesimo. Tra il 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre, collaboratore dell’imperatore Massimiano Erculeo.
La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l’ira di Dioscoro. La ragazza fu così costretta a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290 Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine.
Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286 – 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia, di Nicomedia e, infine, di una località denominata “Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della Santissima Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò completamente il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55). Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”.
Illustre Vergine e Martire Santa Barbara,
Padrona ed avvocata nostra,
prescelta dai nostri padri per la custodia di questa devota terra,
deh! Gradite il culto che abbiamo per voi
e i voti che ogni anno vi offriamo.
Vi preghiamo di ottenerci la perseveranza nelle buone opere
ed una viva fede,
affinché con ferma speranza si possa aspirare al Cielo
per godervi insieme con gli angeli e i Santi
nello splendore dell’Eterna Carità.
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