«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge» (Gal. 4, 4). E Giuseppe era lì, nella pienezza dei tempi, scelto da Dio per contemplare quel prodigio che si realizzò con tanta naturalezza, nella solitudine e nel silenzio.
«Ciò che accade nella stalla, nella grotta di roccia, ha una dimensione di profonda intimità: è qualcosa che avviene fra la Genitrice e il Nascituro. Nessuno dall’esterno vi ha accesso. Perfino Giuseppe, il falegname di Nazaret, rimane testimone silenzioso.»
Sono parole pronunciate nel 1978 dal Papa Giovanni Paolo II, nell’omelia della notte di Natale, e dicono molto del mistero di Betlemme. Perché davvero vi fu, fin dal principio, dall’istante stesso dell’Incarnazione del Figlio di Dio, una relazione unica e particolarissima tra Gesù e la Vergine, così intima e personale da escludere del tutto ogni altro; una relazione della quale nessuno poteva partecipare, e della quale, tuttavia, fu concesso a un uomo, soltanto a un uomo, di essere testimone. Quell’uomo fu Giuseppe, un uomo umile e, a giudizio del mondo, non degno di particolare nota. Quell’uomo, però, ebbe con Gesù e con Maria un’intimità quale nessun altro ha avuto.
Il rispetto ispirato dalla conoscenza del mistero poneva, nel caso di Giuseppe, dei limiti che quell’uomo giusto non varcò mai, perché sapeva di non essere, in quella vicenda, un protagonista. (…) Tutto si spiega considerando che il mistero concerneva soprattutto la Madre e il Figlio: Giuseppe ne partecipò poi, quando già la profonda e misteriosa relazione fra Gesù e la Vergine era stabilita.
Giuseppe partecipò del mistero attraverso la conoscenza datagli, con la rivelazione dell’angelo, in merito alla missione che avrebbe dovuto compiere vicino a quei due esseri eccezionali; e tuttavia, per quanto partecipasse di esso, e in esso, a un grado più alto di qualsiasi altra creatura, vi restava implicato solo dall’esterno, come sposo di Maria. A Giuseppe non venne chiesto un assenso previo, dato che quando seppe già si trovava — pur diversamente dalla Vergine — in diretta relazione con il mistero.
In tutto ciò che non lo riguardava, in ciò che superava i limiti della peculiare missione a cui era stato chiamato, il suo ruolo sarebbe stato limitato a quello di un “teste silenzioso”.
Teste silenzioso: non per attestare quel che sapeva, non per comunicarlo ad altri; ma, semplicemente, per contemplare. Altri testimoni, e non silenziosi, Gesù si sarebbe cercato in seguito, perché dessero testimonianza delle cose che avevano visto e sentito, della sua dottrina e dei suoi miracoli, e in specie della sua Risurrezione. Ma Giuseppe non era chiamato a essere un testimone di questo tipo. Non doveva comunicare niente a nessuno; solo essere presente, accompagnare Gesù e Maria, non lasciarli mai.
E lì stette, silenzioso, attento e ammirato, nell’istante in cui la sua sposa gli mostrò il Figlio, che era il Figlio di Dio fatto uomo, che era il suo Signore. Egli, Giuseppe, fu il primo a contemplarlo, il primo ad adorare quel Bambino venuto al mondo — e lui lo sapeva bene — in modo del tutto prodigioso; ma non avrebbe raccontato niente a nessuno dell’inesprimibile felicità che gli era stata data di provare, stringendo nelle braccia il Redentore del mondo.
Le stelle che brillano e le forze in movimento:
tutto sparisce e perde il suo splendore
davanti allo splendore della tua luce
e alla potenza della tua grandezza.
Tu manifesti l’immagine del Padre onnipotente.
Tu sei il fondamento di tutta la terra.
Tu sei il nostro modello, il nostro ordinatore,
tu sei la nostra strada e la porta che guida alla luce.
Tu sei l’immagine della giustizia.
Tu sei sempre la nostra stella e la nostra luce.
Ti rendiamo grazie, lodi e benedizioni.
Davanti a te pieghiamo le ginocchia con fiducia.
Ti chiediamo tutto ciò che è retto.
Concedici di essere fermamente stabili nella fede;
di avere salute del corpo per poterti lodare.
Così ti canteremo senza posa e in ogni circostanza;
e ti loderemo perché da ogni parte tu sei celebrato,
tu l’immortale, l’instancabile, l’eterno.
Se ti guardiamo, o Signore, non morremo.
Se ti preghiamo, saremo esauditi.
(Antico inno cristiano)
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