La mangiatoia
Senza dubbio fu per disegno provvidenziale di Dio che non trovarono posto nella locanda; fu per un fortunato infortunio che non trovarono alloggio in quel luogo. Dio non volle che suo Figlio nascesse in mezzo al bivaccare, e alla sporcizia, caratteristici di simili alberghi pubblici, dove la Vergine si sarebbe vista esposta non solo alla curiosità di chi nulla aveva a che fare col grande avvenimento, ma altresì al malessere che l’assenza di pace e di intimità famigliare potevano cagionarle, nella confusione dei viaggiatori che pullulavano a ogni ora nel cortile. Pertanto Dio provvide altrimenti.
C’erano nei dintorni di Betlemme alcune grotte, fra cui le più grandi servivano da stalle occasionali per ricoverarvi il bestiame durante i trasferimenti, in caso di necessità. In alcune, a questo scopo, era anche stata allestita una mangiatoia. Se all’occorrenza bastavano a contenere tre o quattro animali, erano abbastanza grandi da offrire rifugio a due o tre persone in estrema difficoltà. Tale era, per l’appunto, il caso di Maria e Giuseppe.
Fu Giuseppe, da solo o tramite l’indicazione disinteressata di un qualche benevolo informatore, a trovare il posto adeguato. Non era, quella, una situazione che potesse risolversi lasciandosi crescere la preoccupazione in mente, e alimentandosi dell’alimentarsi di essa; né d’altronde Giuseppe poteva lasciar passare il tempo mentre il problema andava facendosi sempre più stringente. Non è bene, e a nulla serve, lasciare che le preoccupazioni vadano accumulandosi dentro di noi, gonfiandosi fino a scoppiare: il soccorso non arriva mai da questa parte. Visto che in quelle circostanze il pubblico albergo non serviva, si mise subito in cerca di un altro “posto adeguato”. E dal momento che chi cerca prima o poi finisce col trovare, egli seppe riconoscere in una di quelle grotte naturali la soluzione del suo problema. Sapeva di che cosa la Vergine avesse bisogno, e, osservando con occhio attento e con la mente concentrata sulle esigenze della situazione che si approssimava, scoprì il rimedio che Dio gli aveva preparato, e che in altri frangenti forse non avrebbe visto.
Qui, almeno, sia pure in assenza delle migliori condizioni materiali, la Vergine avrebbe potuto partorire nell’indipendenza necessaria per garantire l’intimità e il decoro adeguati alla modestia di lei e alla grandezza del mistero.
Lì si sistemarono fin quando venne il momento, non molto tempo dopo l’arrivo a Betlemme; e allora si compì, “mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale” (Sap 18, 14-15).
Signora di Betlemme,
Signora di chi è in cammino, come te,
senza trovare neppure una locanda.
Signora della semplicità dei pastori
e dello splendore degli angeli che cantano:
“Gloria a Dio nel cielo,
pace in terra agli uomini che Dio ama”.
Grazie per averci dato il Pane che ci mancava.
Grazie per averci arricchiti della Tua povertà.
Grazie per il tuo silenzio
che riceve e medita e genera in noi la Parola.
Che stasera la luce del Natale ci desti
e sia l’inizio di uno splendore che non ha fine.
Che stasera tornando alle nostre case
possiamo dire agli uomini che vivono
insicuri e senza speranza:
“Presto, venite. Vi portiamo la buona notizia,
che è gioia per tutto il popolo:
Oggi è nato il Signore, il nostro Salvatore!”
(Card. Eduardo Pironio)
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