Categorie: Sancta Sedes

Presentata la giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta. Accendiamo una luce

Il mondo deve sapere, capire e rispondere. Ma il mondo non è un’entità astratta. Il mondo siamo noi, ognuno di noi. Si potrebbe riassumere così il senso della prima giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone che si svolgerà mercoledì 8 febbraio e che è stata presentata martedì 3 nella Sala Stampa della Santa Sede durante una conferenza moderata dal direttore padre Federico Lombardi.La giornata, intitolata «Accendi una luce contro la tratta», è promossa dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei superiori generali (Uisg e Usg) ed è patrocinata dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica e dai Pontifici Consigli della pastorale per i migranti e gli itineranti, e della giustizia e della pace. In rappresentanza di questi dicasteri vaticani sono intervenuti con un breve saluto i cardinali João Braz de Aviz, Antonio Maria Vegliò e Peter Kodwo Appiah Turkson.

Ancora una volta — dopo i continui richiami di Papa Francesco e dopo i convegni tenuti alla Pontificia Accademia delle Scienze — dal Vaticano si leva una voce forte e decisa contro una delle piaghe più terribili che tormentano la società contemporanea. Come ha ricordato suor Carmen Sammut, presidente dell’Uisg, oggi «milioni di bambini, donne e uomini sono venduti e condotti in schiavitù per il lavoro forzato, la prostituzione o il traffico di organi».
Anima dell’impegno a livello internazionale «per dare voce a milioni di fratelli e sorelle che sono senza voce», ha sottolineato suor Sammut, è l’associazione Talitha Kum: rete che coordina le reti locali impegnate nella lotta contro la tratta. Nata dalla realtà della vita consacrata, Talitha Kum collabora con organizzazioni ecclesiali, governative e non governative. E a spiegare modalità e significato dell’iniziativa dell’8 febbraio è stata la coordinatrice di Talitha Kum, la comboniana suor Gabriella Bottani.

Innanzitutto la scelta della data: l’8 febbraio, infatti, è la memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la religiosa sudanese che alla fine dell’Ottocento compì con coraggio il percorso dalla schiavitù alla libertà. Proprio la vicenda di Bakhita è la prima delle storie di speranza e libertà che gli organizzatori della giornata invitano a mettere in rete, in un sito realizzato per l’occasione (www.a-light-against-human-trafficking .info) insieme a messaggi di adesione e solidarietà: a ogni messaggio inserito la cartina del mondo si colorerà e sarà testimonianza visiva di una presa di coscienza comune. Perché, ha detto suor Bottani, fondamentale è la parola «insieme». Insieme «per ridare speranza a chi vive il dramma della tratta, per rompere la crosta di superficialità e di indifferenza, per ritrovare la forza di un’azione collettiva, per rimuovere la cause che sostengono questo fenomeno terribile». Insieme, come ha aggiunto suor Sammut, per «persuadere gli Stati a fare delle leggi giuste che colpiscano davvero trafficanti e organizzazioni criminali».
Per fare tutto questo gli organizzatori, impegnati concretamente nell’affrontare migliaia di situazioni reali, ritengono però fondamentale partire dalla preghiera. Perciò la giornata in cui tutti sono invitati ad accendere simbolicamente una candela, una luce di solidarietà, verrà preparata da una serie di veglie di preghiera in tutto il mondo. A Roma la veglia — organizzata dall’associazione Giovanni XXIII e dall’Ufficio tratta dell’Usmi — si svolgerà il 6 febbraio nella basilica dei Santi Dodici Apostoli.
Per far meglio comprendere l’importanza di un coinvolgimento che sia il più ampio possibile, sono poi intervenute alcune testimonianze. Con dolorosa efficacia hanno presentato storie di vite lacerate, volti sofferenti, corpi devastati, perché — ha detto suor Valeria Gandini, missionaria oggi impegnata per le strade di Palermo — «per capire cosa significhi tratta degli esseri umani bisogna incontrare le vittime, ascoltarle, guardarle negli occhi, abbracciarle». Ragazze costrette a prostituirsi, ad abortire, a sacrificare la propria vita per timore di vedere puniti i propri familiari. Nomi come quelli di Lucy, Osagje, Norah che nascondono storie. Vite che possono essere riscattate. Ma anche la triste realtà dei clienti delle prostitute: «Questi nonni, mariti, fidanzati, ragazzi — ha commentato suor Gandini — devono capire che alimentano dei criminali e che un uomo che paga per il sesso non è un vero uomo: sono destinati a disgregare le famiglie».
All’importanza di conoscere a fondo il fenomeno della tratta e le sue drammatiche dimensioni ha fatto riferimento il cardinale Vegliò. Occorre «conoscere, comprendere, pregare e diventare più efficaci dei criminali che dimostrano un grande acume nel condurre i loro traffici» ha confermato suor Imelda Poole, che in Albania è la coordinatrice della rete europea di Talitha Kum.
È significativo, ha sottolineato il cardinale Braz de Aviz, che in questo progetto siano coinvolti soprattutto religiosi e religiose perché, «come ci ha ricordato Papa Francesco, i religiosi sono chiamati a svegliare il mondo». E sempre citando Papa Francesco, il cardinale Turkson ha invitato ad allargare i confini dell’impegno, a sentirci tutti coinvolti perché «per eliminare la piaga della tratta serve una mobilitazione comparabile nelle dimensioni a quelle del fenomeno stesso».
L’Osservatore Romano, 4 febbraio 2015.

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