In questo clima, Radio Maria dice che il terremoto è un castigo di Dio per gli italiani che con le loro leggi recano offesa alla famiglia, al matrimonio e alla dignità dell’unione sessuale. Poiché il collega sacerdote dice che sarebbe così “dal punto di vista teologico” credo utile far sapere che ci sono infiniti teologi, filosofi e pensatori che non sottoscriverebbero la sua affermazione.
Per la genesi, il primo libro della Bibbia, la morte è entrata nel mondo a causa del peccato originale: “Nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire” (Gen 2,17). Da quel momento per ebrei, musulmani e cristiani il bene e il male si combattano ogni giorno, a tutti i livelli – personale, sociale, naturale, organico, psicologico – dentro e fuori ciascuno di noi.
E così l’affermazione “a mio figlio è venuto un tumore perché Adamo ha mangiato del frutto proibito” o “ad Amatrice è morta una mia amica perché Eva ha disobbedito” vale tanto quanto “oggi sul Corriere mi insultano perché Gutenberg ha inventato la stampa”, oppure “sui social se la prendono con me perché Steve Jobs ha inventato l’iphone e Mark Zuckerberg Facebook”.
Ancor più radicalmente, poiché anche Cristo il sommo innocente è stato colpito dalla morte, il rapporto di causa-effetto tra una singola morte e un singolo peccato è destituito di senso. Forse il collega sacerdote non se ne accorge ma egli, ristabilendo quel nesso specifico, concreto, tra terremoto e peccato (o supposto tale), tra immoralità e punizione divina, ragiona esattamente come quei farisei e quella gente di passaggio che guardando il Cristo torturato in croce lo insultavano scuotendo il capo e dicendogli che se fosse stato davvero innocente avrebbe dovuto non morire (Cfr Mt 27, 40; 42 e paralleli). Proprio perché la morte colpirà ogni uomo a prescindere dalle proprie scelte etiche è insensato collegare il bene o il male, la sfortuna o la fortuna a tali scelte.
So bene che quanto ho detto rende ardua la fede in un Dio che è allo stesso tempo sia buono che onnipotente, cioè rende ardua la pretesa cristiana. Per ciò, storicamente, la gran parte dell’umanità non sceglie di credere come i cristiani ma sceglie di credere che la divinità o non sia onnipotente o non sia buona o, terza possibilità, che non esista per nulla.
Il cristiano che decide di credere, in verità, decide di vivere nell’aporia del male e del dolore. Per questo il Papa nella sua recente visita ad Auschwitz è stato in silenzio e così ha fatto ad Amatrice, per questo i vescovi che davvero vivono sui territori terremotati non hanno parlato dei peccati di chi vota le unioni civili ma, tutt’al più, hanno parlato dei peccati dei governanti nel non costruire edifici antisismici.
Il collega sacerdote che dà la colpa del terremoto alle leggi volute dagli italiani si comporta come una ragazza che, violentata, decide di attribuirsi la colpa di quanto è accaduto ripromettendosi di non indossare più la minigonna o di rientrare a casa col coprifuoco o di parcheggiare dove c’è la luce.
Sono inganni che la nostra psiche debole costruisce per proteggersi da una verità che la atterrisce. E cioè che il male e la morte ci colpiranno prima o poi e non sappiamo come, dove, quando e perché. Ma capisco che vivere con la consapevolezza di questa verità possa essere troppo pesante. “Il genere umano non può sopportare troppo realtà”, diceva Eliot. E aveva ragione. (E comunque ho confermato alla signora di questa mattina e al mio amico su Facebook che il loro sentire il terremoto prescinde dalle loro convinzioni rispetto alle unioni civili).
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da Huffingtonpost
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