Il Presidente russo Putin ha attaccato i terroristi del sedicente Stato islamico che “compromettono la religione mondiale dell’Islam” e – dice – cercano di arruolare gente anche in Russia. Putin ha parlato alla cerimonia di inaugurazione della nuova Moschea di Mosca, alla quale partecipano il Presidente turco Erdogan e il leader palestinese Abu Mazen. Dei rapporti tra Putin e Erdogan in relazione al conflitto in atto in Siria, Fausta Speranza ha parlato con Aldo Ferrari, docente di Russia e Europa orientale all’Università Ca’ Foscari:
R. – Innanzitutto, l’incontro bilaterale va visto sì nel contesto dell’odierna crisi mediorientale, in particolare per quel che riguarda la Siria, dove Russia e Turchia hanno posizioni diverse, in particolare riguardo al ruolo di Assad. Ma va visto anche nel contesto delle tradizionali, stabili, importanti, relazioni politiche e strategiche tra i due Paesi, che soprattutto nella sfera energetica hanno molti interessi in comune. Quindi, sicuramente, in questo incontro si parla tanto della contingenza della Siria quanto del rapporto di collaborazione politica ed economica di lungo raggio. Sicuramente Erdogan sarà preoccupato, perché questo ingresso in forze della Russia, più importante che in passato, in appoggio ad Assad va ad essere un elemento di novità e in contrasto con la politica anti Assad, seguita sinora dalla Turchia.
D. – Le dimissioni in Turchia dei ministri curdi sono state accompagnate dalla denuncia di un’atmosfera di guerra in Turchia, che dire?
R. – Qui la situazione è estremamente complicata. Erdogan, da quando ha il potere, ha fatto molto per migliorare il problema curdo, che non ha creato lui, ma ha ereditato dai decenni della Repubblica kemalista. Purtroppo negli ultimi anni questi segnali positivi, che sono stati molti, stanno andando in crisi, anche per la guerra siriana che vede impegnati i curdi. La Turchia fatica a gestire questo problema e l’affermazione nel Parlamento turco di un partito, che potremmo definire curdo, ha impedito ad Erdogan di avere la maggioranza assoluta. E’ chiaro che negli ultimi mesi, se a questo si aggiunge anche il peggioramento della situazione militare della Turchia nel sud-est asiatico, i problemi tra Ankara e la grande minoranza curda sono peggiorati. Quindi è un problema che riguarda la Turchia, ma va inserito in un contesto più vasto della crisi mediorientale.
D. – L’appoggio di Putin ad Assad in Siria è scontato ma sta cambiando qualcosa degli equilibri in atto?
R. – L’appoggio è scontato, fa parte delle alleanze internazionali della Russia già da tanti anni. Ma è chiaro che l’intervento così diretto, così visibile, così forte militarmente in un momento di grande difficoltà per Assad può cambiare le carte in tavola e lo si vede anche dall’intervento degli Stati Uniti. E’ chiaro che se la Russia interviene in prima persona, sebbene per adesso in maniera molto limitata, Assad ne verrà rinforzato. Ma ciò che interessa evidentemente alla Russia non è tanto Assad in sé, quanto il mantenimento di un equilibrio e il proprio ruolo nello scacchiere mediorientale, oltre che naturalmente la conservazione dell’unica base marittima che la Russia ha nel Mediterraneo proprio nel porto di Tartus in Siria. Da questo punto di vista, si tratta effettivamente di un ingresso molto importante, anche se estremamente rischioso per la Russia.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana