Oramai si avvicina la conferenza di Ginevra, indetta tra i quattro attori, forse risolutori della crisi: Russia, Ucraina, Unione Europea e Stati Uniti. Non vi sono dubbi, che senza chiarezza di intenti e unitarietà di visioni l’attore più debole appaia ancora una volta l’Unione Europea, divisa dai problemi energetici e dalle prospettive di politica estera congiunta ancora sconosciuta nel vecchio continente. La richiesta annuale di gas in Europa è fermo a 530 miliardi, il limite raggiunto nel 2010 in virtù delle basse temperature invernali. La prima crisi nel 2009 aveva rilanciato il progetto della Pipeline Adriatica a fronte della differenziazione energetica, oramai indispensabile se considerato integrato con il progetto TANAP transitante attraverso la Turchia fino in Grecia. Con gli scontri di ieri, in cui vi sono stati 3 morti, non si combatte, come sostengono alcuni, uno scontro politico russo ma una vera e propria guerra civile per il riassetto geopolitico. Gli insorti ieri si erano appropriati di 4 mezzi blindati da una base militare ucraina, anche perché tutte le basi sul territorio sono ucraine, mente Putin la pubblicizzava come una conquista di indipendenza dei cittadini russofoni. L’intervento della operazione antiterrorismo si è aperta con uno sparo in aria per continuare con i rastrellamenti di 63 persone. Quindi mentre a Ginevra l’Unione Europea dimostrerà per l’ennesima volta la debolezza che la caratterizza, a Donetsk si combatte in queste ore una guerra civile energetica con morti e feriti sacrificati sull’altare dell’espansionismo russo. di
Flavio Britti