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Quali giovani? La diocesi di Trivento preoccupata per la chiusura dei giovani

MOLISE – TRIVENTO (IS) – Trivento, vedutaLa nostra è una piccola diocesi che si va spopolando ogni anno perché non avendo risorse economiche per poter offrire lavoro ai giovani e l’impervia geografia che rende difficile i collegamenti da una parte all’altra, i nostri giovani vivono questi problemi derivanti dal territorio e dall’impossibilità di potersi creare un futuro dove sono nati. Come  Servizio di Pastorale Giovanile Diocesana lavoriamo prettamente con gli adolescenti i quali nella loro vitalità insita in ogni giovane sono molto realisti non ricevendo stimoli positivi dalla realtà quotidiana. La nostra fatica più grande è quella di farli uscire dal proprio ambiente per cose nuove, persone nuove, ambienti nuovi. Caratteristiche sono due: chiusi e pessimisti. 

I giovani non sono aperti alle novità, almeno a quelle proposte da noi. Per risolvere il problema, cerchiamo nuove strategie ascoltando per quanto è possibile le loro idee, i loro desideri. Quindi ogni anno è tutto nuovo con piste nuove di cammino e nuove esperienze pensate ed organizzate insieme a loro anche perché abbiamo fatto l’esperienza della monotonia di un messaggio o di una esperienza. Questo però è ben valutato anche per non perdere di vista l’obiettivo e cioè dare ai giovani della nostra diocesi una base cristiana da continuare nel futuro all’università o nei luoghi in cui troveranno lavoro, cioè cristiani autentici del futuro.

I giovani chiedono una testimonianza di vita cristiana autentica a chi è Chiesa e cioè il parroco, le persone  consacrate, i loro genitori e anche gli amici, alle persone che veramente seguono  Cristo e su cui fare riferimento nella propria vita . E questo non sempre viene garantito!!!! Il resto  credo che sia un contorno. Hanno bisogno di essere sempre portati di fronte ad uno specchio e fatti riflettere sul loro cammino. Questo perché è facile che si adagino sul fatto che “vanno in chiesa ogni domenica” e finisce così. Chiamati ogni volta ad essere testimoni concreti e non a chiacchiere e coerenti nei luoghi in cui vivono quotidianamente.

Il ritratto del buon educatore:

  • volontà di spendersi completamente per i giovani, amarli senza riserve e senza misura;
  • pazienza perché i risultati non sempre arrivano come si era pensato e non sempre si riceve collaborazione dagli stessi parroci della diocesi per le iniziative;
  • capacità di sostenere un fallimento!
  • voglia di dedicare tempo e preghiera per i giovani perché ne hanno bisogno!
  • capacità di lavorare con giovani nuovi, con tutto ciò che comporta;
  • creatività nel proporre il Vangelo sempre in una nuova veste, stando attenti a non perdere di vista l’obiettivo. Perché se non si è attenti si rischia alla fine di far passare come messaggio tutto ma non il Vangelo e quindi Cristo.

Fonte: Donboscoland.it

 

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