LOMBARDIA – BERGAMO – Fare esperienza è la parola chiave di questa riflessione sui giovani.
Descrivere il mondo giovanile di Bergamo potrebbe risultare un’analisi uguale o simile a mille altre, ma ciò che più di tutto li attira e li coinvolge è la possibilità di sperimentarsi e di vivere in prima persona. Sicuramente diventa una reazione istintiva a un contesto che li taglia fuori, li lascia in disparte e li lascia soli… soli davanti ad uno schermo, nel silenzio della propria camera ma anche in mezzo alla gente.
Il loro “peregrinare del weekend” e la continua “organizzazione di eventi” che riempiano il loro tempo e rispondano al loro divertimento risponde, forse, alla semplice esigenza di fare esperienze continue, le più diverse e le più particolari, anche solo per avere qualcosa da fare o da raccontare.
A questo punto, per quanto riguardala pastorale giovanile, non si tratta di “attirarli nella rete” o “fare concorrenza alla movida” con esperienze che luccicano, ma con proposte vere e concrete accompagnate dalla presenza di buone figure di riferimento (magari a loro vicine nei modi e nei linguaggi) e da un gruppo di pari che li sostiene e li circonda. In questo periodo di crisi, abbiamo bisogno di giovani che si mettano in gioco e s’impegnino per la comunità e per la società, e loro hanno bisogno che qualcuno creda in loro e si impegni con loro per rispondere alle loro esigenze concrete.
La difficoltà maggiore, allora, diventa conquistare la loro fiducia perché sappiano lasciarsi coinvolgere dalla pastorale giovanile, ma più di tutti perché si lascino avvicinare e guidare; d’altro canto poi, si rende indispensabile ascoltarli ed esserci. La pastorale giovanile va poi declinata al meglio in ogni singola realtà, non per stravolgerne il senso, ma per meglio avvicinarsi ai destinatari da raggiungere e da coinvolgere. In fondo il lavoro sul campo è affidato agli oratori che, nel loro essere sul territorio, sono più vicini e possono costruire relazioni dirette e diventare stretto collegamento tra il dentro e il fuori.
Il buon educatore è colui che guarda oltre sé, con amorevolezza e pazienza si mette a camminare accanto ai ragazzi con la sua storia da condividere e da intrecciare con la loro; il buon educatore è sorridente (non perché vada sempre tutto bene) ma in quanto testimone di una gioia che lo anima; il buon educatore è consapevole che è tutta questione di tempo.
Un TEMPO mai uguale, un TEMPO indefinito, il TEMPO DELLA FIDUCIA!
FARE ESPERIENZA RICHIEDE TEMPO, COINVOLGERE I GIOVANI RICHIEDE TEMPO E AVERE I GIOVANI CON SE’ RICHIEDE TEMPO DA DEDICARE LORO!!
La diocesi di Bergamo può vantare l’impegno e il coinvolgimento di una buona quantità di giovani, cresciuti nell’ambiente dell’oratorio sin da bambini e che vi rimangono legati anche con il crescere dell’età, grazie alla possibilità di diventarne protagonisti e prendere parte nelle attività e nella loro “gestione” (senza però smettere di formarsi e prepararsi a ricoprire certi incarichi e ruoli).
Ovviamente, con l’aumentare dell’età, anche per chi è legato affettivamente all’oratorio diventa fondamentale la dimensione esperienziale, non basta più frequentare l’oratorio e sentirlo come casa, si sente la necessità di sperimentarsi continuamente e fare, fare, fare (senza perdere il senso e il significato delle azioni).
Fonte: Donboscoland.it